CISSPAT https://www.cisspat.edu Centro Italiano Studio Sviluppo Psicoterapia A breve Termine Thu, 14 Mar 2024 09:36:09 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.7 https://www.cisspat.edu/wp-content/uploads/2015/12/cropped-Logo-CISSPAT-50x50.jpg CISSPAT https://www.cisspat.edu 32 32 PERCORSI DI INTERVENTO IN PSICOLOGIA CLINICA TRA ORIENTAMENTO PSICODINAMICO E ORIENTAMENTO AUTOGENO https://www.cisspat.edu/percorsi-di-intervento-in-psicologia-clinica-tra-orientamenoto-psicodinamico-e-orientamento-autogeno/ Mon, 22 Aug 2022 13:10:36 +0000 https://www.cisspat.edu/?p=14366 A cura di: Pisani Francesca

Parole chiave: Psicoterapia integrata, Psicologia psicodinamica, Psicoterapia psicodinamica, Psicoterapia autogena

SOMMARIO

OBIETTIVO: In questo studio, revisionando la letteratura, l’obiettivo è stato quello di formulare un’ipotesi di approccio integrato tra gli orientamenti psicodinamico e autogeno in modo da valorizzare le potenzialità di ciascun modello e che esalti gli effetti sinergici dell’uso parallelo delle diverse tecniche.

METODO: Mediante la lettura dei testi originali dei principali autori e la ricerca in banche date online è stato possibile presentare la teoria dei due modelli psicologici ed elaborare un’ipotesi di intervento psicologico integrato, analizzando somiglianze e differenze tra i due paradigmi.

CONCLUSIONI: I modelli psicologici presi in esame hanno radici in comune inizialmente, ma presentano degli sviluppi tecnici differenti, in particolare nell’uso dell’interpretazione e nella gestione delle resistenze e transfert. Nonostante questo, risulta possibile ed efficace la proposta di un approccio integrato, poiché l’uso parallelo delle tecniche rinforza le connessioni celebrali interemisferiche promuovendo la consapevolezza di sé e incrementando la capacità di insight. Lo stato autogeno favorisce l’abbassamento delle difese del paziente, riduce l’ansia, risolve più velocemente le situazioni conflittuali o traumatiche che danno origine a tensione e/o psicopatologia.

INTRODUZIONE

In questo lavoro viene analizzato l’orientamento psicodinamico con quello autogeno, poiché nonostante abbiano vertici osservativi differenti studiano entrambi la mente umana spiegandone i comportamenti e proponendo specifiche metodologie di intervento alla psicopatologia. Gli autori di riferimento per il modello psicodinamico sono G. O. Gabbard, N. Lalli e il gruppo di lavoro tedesco OPD (Diagnosi Psicodinamica Operazionalizzata). Per il modello autogeno, invece, si sono considerati I. H. Schultz, W. Luthe e L. De Rivera. Approfondiamo di seguito i diversi modelli per poi valutare la proposta di un intervento psicologico integrato nella presa in carico di un paziente.

ORIENTAMENTO PSICODINAMICO

Questo modello ha due principali obiettivi: sia quello di spiegare i fenomeni mentali come risultato dei conflitti generati da forze inconsce contrastanti ed opposte che lottano per esprimersi; sia quello di intendere la malattia come deficit o assenza di strutture psichiche che impedisce la possibilità alla persona di sentirsi integra e sicura di sé. L’approccio dinamico, attribuendo grande valore al mondo interno del paziente, si occupa delle tensioni mentali ed emozionali consce o inconsce e si concentra sui desideri, sentimenti o bisogni in conflitto e sul loro significato. In particolare, mostra attenzione sul contenuto dei conflitti attuali della persona e li relaziona al conflitto principale o alle esperienze infantili.

I quattro fondamenti teorici del modello psicodinamico:

  • La Psicologia dell’Io
  • La teoria delle relazioni oggettuali
  • La Psicologia del Sé
  • La teoria dell’attaccamento

I principi fondamentali alla base del modello psicodinamico:

  • Inconscio
  • Determinismo psichico
  • Mondo interno (sogni, fantasie, desideri, impulsi, paure)
  • Relazione
  • Passato
  • Transfert e Controtransfert
  • Resistenze
  • Meccanismi di difesa

ORIENTAMENTO AUTOGENO

Questa tecnica si basa sul concetto di bionomia, ovvero sul raggiungimento dell’equilibrio personale e di ri-armonizzazione della dimensione biologica, psichica e spirituale dell’individuo (Schultz, 2001) attraverso la tecnica del Training Autogeno (T.A.). In pratica, attraverso questo orientamento, si accompagna il paziente ad autoregolarsi in modo tale da riequilibrare le funzioni che si sono alterate per cause di diversa natura come traumi, conflitti, stress, errori, tappe e scelte esistenziali difficili. Le tecniche autogene, prima di base, ovvero la ripetizione mentale di specifiche formule autogene e poi superiori (TAS: Training autogeno superiore; NA: Neutralizzazione autogena; AA: Abreazione Autogena), si possono definire una vera e propria meditazione di tipo propriocettivo. Infatti, lo stato autogeno è uno stato alterato di coscienza, dove si parte da un ascolto di sé a livello fisico per arrivare a livelli più profondi (Schultz, 1981, 2001; Luthe, 1977, Baruzzo, 2014; De Rivera, 2015; Abuín, 2016).

cisspat centro italiano studio sviluppo psicoterapia a breve termine istdpicone (3)CONFRONTO FRA I DUE ORIENTAMENTI

Metodo – Il confronto dei due modelli è basato principalmente sull’articolo “Autogenic Psychotherapy and Psychoanalysis” (1997) a cura di De Rivera.

Analisi somiglianze e differenze – Un punto di somiglianza tra i due approcci vede il terapeuta impegnato a scoprire le cause che stanno dietro ai sintomi del paziente ed a cogliere il senso profondo all’origine del problema (Schultz, 1981; Baruzzo, 2014, p. 71). Un ulteriore aspetto comune tra i due modelli riguarda la creazione di una relazione empatica tra clinico e paziente durante la fase iniziale dell’intervento, così da favorire un ambiente sicuro in cui il paziente si sente più a suo agio nel raccontare ricordi, fantasie ed esperienze traumatiche. In questo modo l’individuo si sentirà più consapevole e sarà pronto ad affrontare e rielaborare materiale delicato, arrivando sempre più verso un’accettazione di sé stesso. (Baruzzo, 2015, p. 129; De Rivera, 2015, p. 117). Per quanto riguarda invece le differenze tra i due modelli, notiamo come nel caso del training autogeno, il terapeuta assume, a differenza dell’approccio psicodinamico, un ruolo più “freddo” di insegnante esperto del metodo e tecnico, lasciando al paziente un ruolo più attivo e responsabile (De Rivera, 2015; Abuín, 2016). Lo stato autogeno è considerato da De Rivera (1997) come uno stato di “regressione a servizio dell’Io” caratterizzato da una “trasformazione della soggettiva esperienza di ansia in uno stato di rilassamento psicofisiologico e dall’aumento di consapevolezza dei propri processi interni”. L’Io, quando non è soggetto a forte ansia, aumenta le sue capacità e funzioni osservative, introspettive e abbassa le difese, permettendo il passaggio delle idee, impulsi e ricordi rimossi alla sfera cosciente. L’effetto terapeutico, in questo caso, è raggiunto grazie alla neutralizzazione delle esperienze emotive traumatiche e alla progressiva riorganizzazione della struttura psichica, che include anche materiale mentale allora inaccettabile.

Somiglianze e differenze fra i modelli psicodinamico e autogeno:

Somiglianze:

  • Scoprire le cause dietro ai sintomi
  • Senso profondo all’origine del problema
  • Relazione empatica clinico/paziente (accoglienza, sicurezza, fiducia e protezione)
  • Esistenza delle resistenze e difese
  • Insight
  • Inconscio e mondo interno

Differenze:

  • Ruolo del clinico nell’orientamento autogeno (più freddo e tecnico)
  • Ruolo del paziente (più attivo e responsabile)
  • Transfert
  • Interpretazione
  • Gestione delle resistenze

Ipotesi d’intervento psicologico integrato – Entrambi i modelli colgono il significato profondo del sintomo. Gli obiettivi terapeutici dell’orientamento psicodinamico riguardano l’insight, la comprensione, la risoluzione del conflitto attraverso l’interpretazione, lo sviluppo del vero Sé, la capacità di riflettere sul proprio mondo interno, il miglioramento della qualità delle relazioni, l’adattamento alle frustrazioni, il rinforzo delle difese e la costruzione dell’Io (Gabbard, 2015, cap. 4-5). Questi obiettivi sembrano essere in gran parte concordi con quelli proposti dal modello autogeno, ovvero “trasformare gli atteggiamenti patologici acquisiti, che impediscono la via a una piena partecipazione alla vita” (Schultz, 2001, p. XXI) e che ostacolano “l’espressione della vera personalità, del vero Sé” (Baruzzo, 2004, p. 49). A partire da queste basi teoriche comuni, anche se utilizzano terminologie diverse, sembra possibile proporre un approccio integrato per la presa in carico del paziente. Oltre agli aspetti comuni dei due differenti modelli, esistono altri fattori aspecifici che risultano a sostegno di un intervento integrato. Questi sono la possibilità di offrire nuove esperienze emotive e correttive, di fornire sostegno e promuovere la riflessione, di creare una relazione empatica tra il clinico ed il paziente. Il clima accogliente e cooperativo favorisce un ambiente sicuro, nella quale il paziente si sente protetto e libero nel raccontare ricordi, fantasie ed esperienze traumatiche (Plante, 2011).

cisspat training autogeno

CONCLUSIONI

In conclusione, la possibilità di integrare l’orientamento psicodinamico con quello autogeno non solo appare possibile, ma la loro combinazione risulta utile ed efficace. Gli effetti delle tecniche autogene possono essere considerati un contributo prezioso per l’orientamento psicodinamico, viste le radici teoriche comuni (De Rivera, 1997). È necessario, per l’idoneità all’intervento integrato, valutare ed assicurarsi che il paziente abbia motivazione al trattamento ed una sufficiente capacità d’insight, soprattutto se si sceglie un intervento psicologico breve (Baruzzo 2014; Winston & Winston, 2002; Gabbard, 2010). Uno dei vantaggi dell’integrazione dei due approcci è quello di scoraggiare la dipendenza dal terapeuta, promuovendo un ruolo più attivo ed autonomo del paziente che si sente indipendente dal clinico (De Rivera, 1997, 2015; Abuín, 2016). Ulteriore vantaggio è la possibilità del paziente di proseguire la pratica a casa delle tecniche autogene per il mantenimento di una condizione di benessere generale.

Di seguito viene sintetizzata la valutazione clinica del paziente integrata dei due approcci e le sinergie che derivano dall’utilizzo contemporaneo dei due modelli:

VALUTAZIONE CLINICA

INTRODUZIONE

  • Tipo e gravità del disturbo
  • Storia medica e psichiatrica del paziente e della famiglia
  • Contesto psico-sociale
  • Tipo di invio e Richiesta d’aiuto del paziente
  • Motivazione

FUNZIONAMENTO RELAZIONALE

  • Prospettiva esperienziale del paziente
  • Prospettiva esperienziale degli altri
  • Empatia
  • Intimità

I PRINCIPALI CONFLITTI DEL PAZIENTE

  • Dipendenza vs autonomia
  • Sottomissione vs controllo
  • Accudimento vs autarchia
  • Conflitti relativi all’autostima e identità
  • Conflitti relativi al Super-Io e di colpa
  • Conflitti edipici-sessuali

VALUTAZIONE DELLA STRUTTURA

  • Percezione di sé (identità, autoriflessione, tratti patologici)
  • Autoregolazione
  • Difese
  • Comunicazione
  • Legame

SINERGIE TRA I DUE ORIENTAMENTI

INTERVENTO PSICOLOGICO E T.A. – MANIFESTAZIONI:

  • AFFETTIVE – Rilassamento psicofisiologico con abbassamento delle difese
  • COGNITIVE – Migliore verbalizzazione dei processi interni
  • SCARICHE AUTOGENE – Collegamento con i traumi

TRANSFERT E T.A.

  • Meno proiezioni del paziente sullo psicologo
  • Auto-regolazione e diminuzione intensità del transfert

INCONSCIO E T.A.

  • Descrizione di immagini e percezioni nello stato autogeno senza censura
  • Scariche autogene e traumi
  • Neutralizzazione di traumi e conflitti con il T.A.

INSIGHT, RESISTENZE E T.A.

  • Insight più facilmente raggiungibile con lo stato autogeno
  • Migliore conoscenza di sé ed elaborazione di desideri, conflitti ed impulsi
  • Resistenze

Limiti dello studio e sviluppi futuri – Si sono riscontrate delle difficoltà nel reperire letteratura scientifica online sulle tecniche autogene (applicazioni e approcci integrati). Inoltre, è difficile valutare gli effetti che derivano dalla pratica delle tecniche autogene a causa della grande componente soggettiva dei parametri fisiologici su cui agisce la pratica del training autogeno. Un ulteriore limite riguarda le differenze fra i Paesi degli autori presi in considerazione nello studio circa l’intervento psicologico clinico. Come ultimo aspetto, nello studio si è posta l’attenzione sugli sviluppi del Training Autogeno che riguardano la tecnica della neutralizzazione proposta da De Rivera, rimane da sviluppare in futuro la parte degli esercizi autogeni superiori affrontati in chiave analitica proposti da Walnöffer.

BIBLIOGRAFIA

Abuín, M. R. (2016). Terapia autógena: técnicas, fundamentos, aplicaciones en la salud y clínica y apoyo empírico. Clínica y Salud, 27(3), 133–145. https://doi.org/10.1016/j.clysa.2016.09.004.

Baruzzo, R. (2014). Equilibrio personale e training Autogeno. Padova: Libreriauniversitaria.it.

Baruzzo, R. (n.d.). Equilibrio bionomico e training autogeno. Disponibile in: www.studiobaruzzo.it/public/pdf/file/pdf_1360773414.doc

Cannella, B. (2013). Materiale didattico del corso di “Modelli psicodinamici e loro applicazione” – Corso di laurea in Scienze e tecniche psicologiche dell’Università̀ della Valle d’Aosta, anno accademico 2012- 2013.

Cannella, Cavaglià, & Tartaglia. (1994). L’infermiere e il suo paziente. Il contributo del modello psicoanalitico alla comprensione della relazione d’aiuto. Edizioni Il Segnalibro.

De Rivera, L. (1997). Autogenic Psychotherapy and Psychoanalysis. In: The body in Psychotherapy (ed. J. Guimòn), Karger, Basilea, pp. 176-181.

De Rivera, L. (1999, 2015). Entrenamiento Autogeno. Psicoterapia Autogena Nivel 1. Manual Oficial. www.psicoter.es

De Coro, A. (2001/2002). Gruppo di Lavoro O.P.D. “Diagnosi Psicodinamica Operazionalizzata. Presupposti teorici e applicazioni cliniche”. Ed. It. A. De Coro (a cura di), Milano: Masson.

Gabbard, G. O. (a cura di). (2010). Le psicoterapie. Milano: Raffaello Cortina.

Gabbard, G. O. (2015). Psichiatria Psicodinamica. Milano: Raffaello Cortina.

Gabbard, G.O. & Westen D. (2005). Ripensare l’azione terapeutica. L’annata psicoanalitica internazionale. 1:51-73 (Borla). Tradotto da

Gabbard G.O. & Westen D. (2003). Rethinking therapeutic action. Int.J.Psycho-Analysis, 84, 823-841.

Lalli, N. (2005). La diagnosi in psichiatria. (1991-1999- ©2005 su Web).

Percorsi tematici pubblicati dal Centro di Psicoterapia Dinamica “Nicola Lalli”. Disponibile in: http://www.nicolalalli.it/percorsi.html

Liotti, G. (2006). Intervento al dibattito precongressuale “Discutere di integrazione significa occuparsi di ciò che divide gli psicoterapeuti”. 2° Congresso S.E.P .I. Italia. Disponibile all’indirizzo: http://www.cyberpsych.org /dia/dibattito1.htm

Luthe, W. (1977). A training workshop for professionals: Introduction to the methods of autogenic therapy. March 7, 9 and 10, 1977 – Orlando, Florida. In Wolfgang Luthe Introductory workshop: Introduction to the methods of autogenic training, therapy and psychotherapy, Vol 1, Prof Luis de Rivera MD (Editor, Epilogue, Introduction) and Prof Hans Selye MD (Introduction) January 7, 2015.

Padovani, F. (2016). Materiale didattico del corso di “Esercitazioni di metodologia e tecnica di diagnosi della personalità” – Corso di laurea magistrale in Psicologia clinica e di comunità dell’Istituto Universitario Salesiano di Venezia (IUSVE), anno accademico 2015-2016.

Plante, T. G. (2005/ 2011). Contemporary Clinical Psychology (2^ ed.). Hoboken, NJ: Wiley.

Schultz, I. H. (1981). Il Training Autogeno. Metodo di autodistensione da concentrazione psichica, 1voll. Milano: Feltrinelli.

Schultz, I. H. (2001). Psicoterapia bionomica. Un esperimento fondamentale. Milano: Masson.

Westen, D., Gabbard G., & Blagov P. (2006). Back to the future: Personality structure as a context for psychopathology. In R.F. Krueger, J.L. Tackett (Eds.), Personality and psychopathology (335-384). New York, Guilford Press.

Winston, A., & Winston, B. (2002). Handbook of Integrated Short-Term Psychotherapy. Washington, DC: American Psychiatric Press

]]>
OPEN DAY SCUOLA QUADRIENNALE DI PSICOTERAPIA DINAMICA BREVE – Martedì 26 Marzo 2024 ore 15:00 https://www.cisspat.edu/open-day-scuola-quadriennale-di-psicoterapia-dinamica-breve-martedi-26-marzo-2024-ore-1500/ Thu, 07 Jul 2022 11:13:45 +0000 https://www.cisspat.edu/copia-di-open-day-scuola-di-psicoterapia-dinamica-breve-mercoledi-11-maggio-2022-ore-1600/ open day cisspat (2)La partecipazione è gratuita, previa prenotazione e le richieste verranno accolte in ordine di ricezione.

Per avere maggiori informazioni sulla Scuola Quadriennale di Psicoterapia Dinamica Breve, clicca qui.

Per ulteriore informazioni o richieste, contattare la Segreteria al recapito telefonico 049 650 861 o al recapito email info@cisspat.edu

Ulivo Pianta Naturale Chill Generale Banner SoundCloud

]]>
L’ABBRACCIO MAI DATO: QUANDO IL RINFORZO DELLA PARTE SANA RIPARA LA RELAZIONE DI ATTACCAMENTO TRAUMATIZZATA https://www.cisspat.edu/labbraccio-mai-dato-quando-il-rinforzo-della-parte-sana-ripara-la-relazione-di-attaccamento-traumatizzata/ Fri, 24 Jun 2022 07:51:44 +0000 https://www.cisspat.edu/?p=14235 A cura di: Manuela Giglio

 Those who have suffered understand suffering and thereby extend their hand.

Patty Smith, Rock’n’roll Niger

 E78A6CEE-5A1B-4197-945C-78AF8A347827INTRODUZIONE

A causa di un’infanzia costellata da traumi, caratterizzata da un ambiente familiare promiscuo e violento, ad un certo punto della sua vita S. si è trovata molto lontana dal suo Io più autentico, troppo lontana, e si è presentata in studio all’età di trent’anni in preda all’ansia. Gli attacchi di panico, di cui soffriva già da un anno, erano divenuti sempre più invalidanti, portandola a frequenti accessi in pronto soccorso e a seguire una terapia farmacologica che l’aiutava a contenere i sintomi più severi. Questi coinvolgevano prevalentemente il sistema cognitivo percettivo, in associazione a forte tachicardia, ipersudorazione e sensazione di morte imminente.

S., attraverso la terapia e attraverso un legame d’attaccamento sano intercorso tra lei e la terapeuta, è riuscita a connettersi nuovamente con il suo Io e a far ritorno alla bambina che era: è stata in grado di vederla, di ascoltarla e di darle conforto. Tale processo terapeutico verte su di un fattore imprescindibile: l’esperienza emotiva correttiva. Ma prima di mettere in atto qualunque tipo di intervento terapeutico è necessario effettuare un inquadramento diagnostico della persona che si ha di fronte.

  • Psicodiagnosi

Alla luce delle modalità di scarica dell’ansia (H. Davanloo, 1996[1], 2001[2]), delle difese (H. Davanloo, 1990[3]), della capacità adattiva dell’Io (J. Ten Have-de Labije 2018[4]) e della patologia Super-egoica (J. Ten Have-de Labije 2018[5]) propri di S., tutti elementi necessari per definire la psicodiagnosi del paziente, ho collocato il suo profilo clinico di tra i “Pazienti da moderatamente resistenti ad altamente resistenti” e i “Pazienti altamente resistenti” al trattamento

  • L’esperienza emotiva correttiva

I primi a parlare di esperienza emozionale correttiva sono stati due psicoanalisti, Franz Alexander e Thomas French che, discostandosi dalla posizione freudiana, nel loro libro del 1946[6] scrivevano: “…una nuova esperienza correttiva può essere fornita dalla relazione di transfert, da nuove esperienze di vita, o da entrambe. Tali intense e rivelatorie esperienze emozionali ci danno la chiave per la comprensione di quei risultati terapeutici enigmatici ottenuti in un tempo considerevolmente più breve di quanto sia usuale in psicoanalisi”.

L’individuo che ha subito un trauma nel legame di attaccam5A87030B-FA5A-4E1F-A364-1814FD708A60ento e che ha conseguentemente sviluppato una serie di difficoltà relazionali può recuperare un buon funzionamento sul piano relazionale attraverso l’esperienza emotiva correttiva. Come affermano Alexander e French (1993)[7], essa consiste nel riesporre il paziente a situazioni emotive che non ha avuto modo di affrontare in passato, questa volta sotto circostanze più favorevoli. Questo tipo di esperienza può verificarsi, sia nella relazione transferale durante la terapia, sia nella vita privata del paziente, attraverso un legame di particolare importanza. In studio, all’interno della relazione con il terapeuta, è possibile superare un conflitto irrisolto perché

  • Il conflitto transferale è meno intenso di quello originario
  • Il terapeuta assume un atteggiamento diverso da quello che il caretaker aveva assunto nei confronti del bambino nella situazione conflittuale originaria.

A tal proposito, l’atteggiamento neutrale, non giudicante e accogliente del terapeuta permette al paziente di sperimentare reazioni emotive alternative al vecchio problema: le difese messe in atto dal paziente in risposta al vecchio conflitto erano un tentativo adattivo da parte del bambino nei confronti del comportamento del genitore. Nel momento in cui, però, la risposta genitoriale cambia attraverso lo strumento della persona del terapeuta, allora la vecchia reazione del paziente diventa priva di senso. Dato che la risposta del terapeuta è differente dalla risposta del caretaker del paziente, questi si trova nella condizione di poter far fronte ripetute volte, e sotto circostanze più favorevoli, a quelle situazioni conflittuali che erano precedentemente intollerabili per lui/lei; ora il paziente scopre modalità di gestione diverse rispetto a quelle precedenti.

Questo passaggio così cruciale all’interno di una psicoterapia, però, può essere ottenuto esclusivamente attraverso esperienze reali all’interno della relazione tra paziente e terapeuta: l’insight intellettuale non è sufficiente. A tal proposito, qualunque intervento del terapeuta deve essere autentico, vero e personale, altrimenti questo rischia di cadere nel vuoto, oppure che il paziente recepisca il contenuto esclusivamente su un piano intellettivo e questo non è sufficiente per portare un cambiamento reale nella vita del paziente.

Oltre all’autenticità del terapeuta, un altro fattore di cruciale importanza affinché l’esperienza emotiva correttiva si verifichi, consiste nel fatto che il paziente si senta sufficientemente al sicuro all’interno della relazione terapeutica, in modo da poterne fare pienamente parte (Shilkret, 2020)[8]. Al fine di creare questa sensazione di sicurezza è di fondamentale importanza l’atteggiamento del terapeuta, che non si mostra preoccupato, spaventato o arrabbiato in risposta ai contenuti e alle reazioni emotive portate dal paziente in seduta.

Nel paragrafo successivo sarà riportata una vignetta, rinominata l’abbraccio mai dato, che evidenzia alcuni passaggi tipici di un’esperienza emotiva correttiva, protagonista della terapia di S.

 

  • Trascrizione Verbatim de L’abbraccio mai dato

La vignetta seguente è tratta dalla quinta seduta, che si colloca in una fase iniziale della terapia in cui l’alleanza terapeutica non è ancora ben salda e la paziente mostra ambivalenza e sentimenti conflittuali nei confronti della terapeuta. Questa seduta, per l’appunto, inizia con S. che comunica alla terapeuta di non stare molto bene e di non sentirsi soddisfatta di come era andata la seduta precedente, che ha percepito “superficiale” e non sente di aver fatto passi in avanti. La paziente, dunque, assume sin dall’inizio un assetto fortemente difensivo, che la terapeuta accoglie, confronta, identifica e chiarifica in modo sistematico, per poi giungere al momento di grande apertura che è riportato nella vignetta sottostante.

Di seguito è riportata la trascrizione Verbatim:

P: mi vedo a 18 (anni)

La paziente recupera un’immagine di sé di quando aveva 18 anni, al culmine dell’aggressività e di comportamenti autosabotanti e autolesivi (abuso di alcool, di fumo, promiscuità sessuale), che hanno

segnato la sua adolescenza. Ora ci troviamo a lavorare sul vertice del passato, nel triangolo delle persone.

T: cosa prova per quella ragazza di 18 anni, che deve tenersi questo peso dentro? Che deve tacere a suo padre…

Maieutica dell’emozione: “cosa provi per quella ragazza?”. Come afferma lo psichiatra Osimo (2001)[9], uno dei principali punti di riferimento dell’ISTDP nel panorama italiano e, più in particolare, della Psicoterapia Breve Dinamico-Esperienziale (PBD-E), la maieutica è uno dei passaggi fondamentali in un percorso terapeutico, e consiste nel dare forma, dare vita e dare parole a delle emozioni fino a quel momento inespresse. “L’immagine del parto evoca in noi la qualità particolare di un evento che per sua natura comporta la collaborazione tra due persone, ponendo enfasi sulla facilitazione da parte dell’una dell’emissione di qualcosa di vitale da parte dell’altra” in questo passaggio, a mio avviso, Osimo descrive molto bene la natura del rapporto terapeutico: il terapeuta assiste il paziente nel dare alla luce contenuti emotivi inconsci o preconsci, che fino a quel momento sono stati repressi, negati o neglettati e che possono finalmente prendere vita. Questo delicato passaggio non potrebbe avere luogo senza una robusta alleanza terapeutica (UTA: Unconscious Therapeutic Alliance, Abbass, 2015)[10] (fig. 2), che consente una vicinanza intima, rispettosa e discreta tra paziente e terapeuta, proprio come la vicinanza che intercorre tra ostetrica e partoriente.

 P: pena Con questa risposta la paziente ripiega sul Sé al peggio (Fosha, 2016)[11]: in questo passaggio, il primo movimento della paziente in risposta all’intervento della terapeuta, che mira a contattare le esperienze affettive nucleari, è quello di spostarsi sul triangolo delle risposte difensive.

Più precisamente, la paziente si sposta sul triangolo del Sé compromesso- Altro distorto- Emozioni bloccate, dipingendo il suo Sé al peggio, cioè inadeguato, spregevole, non degno di compassione e comprensione. In questo schema, l’Altro è percepito in maniera distorta e bidimensionale e l’interazione tra Sé-Altro è carica di frustrazione e insoddisfazione. Alla luce di ciò, questo passaggio rischiava di essere molto insidioso e portare gli interventi della terapeuta a essere fallimentari. Per questo motivo, come si può evincere dal passaggio successivo, la terapeuta si discosta dallo schema difensivo della paziente, scegliendo di non seguirla sul triangolo del Sé compromesso- Altro distorto- Emozioni bloccate.

T: se prova a lasciare un po’ più di spazio? La vede quella ragazzina?

La terapeuta decide di non dare spazio alla difesa della paziente e torna a fare pressione sul prendersi cura di Sé (pressure to positive self-regard, Abbass, 2015)[12]. Questo tipo di intervento, in pazienti con importanti aspetti auto-sabotanti come S., potrebbe far emergere, oltre che gratitudine ed emozioni positive nei confronti del terapeuta, anche irritazione e atteggiamenti sfidanti, mobilitati dalla parte auto-punitiva che rifiuta un approccio amorevole ed empatico nei confronti del Sé. Grazie ad una buona alleanza terapeutica, instaurata attraverso un meticoloso lavoro sulla regolazione dell’ansia e sulla validazione e sfida delle difese, la paziente coglie l’intervento della terapeuta e parla di sé a 18 anni in modo più comprensivo e amorevole.

P: io non mi piacevo a 18 anni. cioè se mi ripenso a com’ero a 18 anni…

La paziente inizia a sintonizzarsi su com’era durante l’adolescenza, quali comportamenti metteva in atto.

T: cos’è che vede se si ripensa a 18 anni?

La terapeuta facilita la sintonizzazione emotiva tra la paziente e la ragazzina che era, attraverso l’utilizzo dell’immagine mentale: “cosa vede se si ripensa a 18 anni?”.

P: ero aggressiva, ero ribelle, bevevo tanto…

La paziente si vede a 18 anni, elencando tutte le condotte auto-sabotanti e poco amorevoli nei propri confronti. Inizia a mobilitarsi una certa quota di dispiacere per Sé, per ciò che si è auto-inflitta.

T: e quindi cosa prova per quella ragazza di 18 anni adesso?

Ora che la paziente ha abbassato un poco le difese, rimanendo sull’immagine mentale che la terapeuta le ha suggerito e inizia a prendere contatto con il contenuto emotivo che questa immagine mentale porta con sé, la terapeuta esercita un’ulteriore pressione sulle emozioni, spostandosi sul vertice X del triangolo del conflitto (Malan, 1979).

P: mi sentivo forte ma non so cosa provo.

La paziente risponde con difese tattiche, di vaghezza e passività “non so cosa provo”.

T: perché secondo lei era aggressiva, beveva?

La terapeuta sfida la difesa, invitando la paziente a essere più precisa e a non difendersi dal contenuto emotivo emergente.

P: perché volevo sentirmi forte.

La paziente accoglie l’intervento della terapeuta, abbassando nuovamente le difese e sintonizzandosi con la ragazza che era a 18 anni. Questo passaggio è fondamentale, poiché sancisce un’ulteriore conferma dell’alleanza terapeutica: la paziente si affida alla terapeuta, lasciando emergere le emozioni associate all’immagine mentale evocata e lasciandosi pervadere da queste, un poco alla volta.

T: riesce a guardarmi S.?

La terapeuta sfida la difesa di deviazione dello sguardo: difesa tattica non verbale (Davanloo, 1997)[13] o difesa Front door (Ten Have-de Labije, 2018)[14], e la paziente ristabilisce il contatto visivo con la terapeuta. Questa annuisce con uno sguardo carico di calore, comprensione e gratitudine nei confronti della paziente, che ha deciso di abbandonare la difesa e di lasciare avvicinare la terapeuta. In questo passaggio siamo nel pieno dell’esperienza emotiva correttiva: tra la terapeuta e la paziente si stabilisce un contatto vero, autentico e intenso, nel quale S. permette alla terapeuta di partecipare al momento di forte carica emotiva che sta per sopraggiungere. In questo modo la terapeuta, come un’ostetrica che si appresta ad assistere la partoriente, può assistere al momento di maieutica emotiva della paziente, con tutti gli strumenti fondamentali per sostenerla in questo passaggio così intenso, proprio come un’ostetrica sapiente metterebbe a disposizione della paziente tutti i suoi strumenti e il suo bagaglio professionale. In questo caso, gli strumenti della terapeuta sono il supporto emotivo e psicologico, la vicinanza, il calore e il contenimento. Tutti questi elementi così importanti erano, infatti, mancati a S. nel suo processo di crescita, le erano stati negati dalle sue figure primarie di attaccamento e, dunque, S. aveva sviluppato delle difese ormai ben radicate per ovviare a tale mancanza materna. Con la terapeuta ha l’opportunità, ora, di rivivere un’esperienza emotiva intensa, potendo giovare del sostegno adeguato e della giusta sintonizzazione emotiva.

T: perché voleva sentirsi forte? Perché aveva bisogno di sentirsi forte?

Una volta ristabilito il contatto visivo ed emotivo con la paziente, la terapeuta applica pressione, sfidando la difesa antica di S. e invitando la paziente a vedere e accogliere il reale motivo che stava alla base di quella difesa (comportamenti auto-sabotanti per sentirsi forte): “perché aveva bisogno di sentirsi forte?”. In questo modo la terapeuta riconosce che i comportamenti poco amorevoli nei propri confronti erano messi in atto dalla paziente perché a lei necessari e non perché la paziente fosse una brutta persona; in questo modo anche la paziente si sente legittimata ad andare oltre la propria difesa e a vedersi, finalmente, per quello che era.

P: perché ero debolissima.

La paziente ripiega su una delle sue difese cellar door (Ten Have-de Labije, 2018)[15]: la svalutazione. Il primo movimento istintivo in risposta al superamento del muro della difesa (deviazione dello sguardo, fuga dalla vicinanza emotiva) è quello di rifugiarsi dietro ad una difesa ancora più antica e ben nota, profondamente radicata nella paziente: una difesa cellar door.

T: a me vien da dire che non era lei debolissima…

Anche in questo passaggio la terapeuta sceglie di non alimentare la difesa ormai molto vacillante e incerta eretta dalla paziente, ma sceglie di attuare un intervento di validazione della parte più fragile della paziente. Attraverso questo intervento di sostegno, coadiuvato da uno sguardo attento e compassionevole, finalmente il focus dell’interazione è spostato dalla parte manchevole, indegna e “cattiva” di S. (Sé al peggio), alla parte più fragile, ma sana. In questo modo l’esperienza emotiva correttiva si concretizza attraverso la relazione transferale.

P: no?

La parte “bambina”, in via di ristrutturazione della paziente, chiede conferma alla terapeuta di non essere poi così debole. Importante momento in cui la paziente fa appello all’alleanza terapeutica.

T: ma doveva proteggersi…e ognuno trova il suo modo per proteggersi e per difendersi (in questo passaggio la paziente indossa nuovamente gli occhiali, che aveva tolto per le lacrime, quasi a voler ascoltare meglio la terapeuta). E il modo di una ragazza di 18 anni può essere aggressivo, può essere poco amorevole nei propri confronti, esagerando con l’alcool, con il fumo…forse è stato proprio il suo modo per difendersi.

In questo passaggio la terapeuta effettua un intervento di chiarificazione empatica delle difese (Fosha, 2016)[16]: le difese auto-sabotanti messe in atto dalla paziente nel periodo della sua adolescenza vengono identificate e validate, quindi legittimate, proprio perché rappresentano il meglio che S. è riuscita a fare, con gli strumenti che possedeva all’epoca, per far fronte alle situazioni estremamente difficili e spaventose davanti a cui la vita l’aveva posta. La paziente, infatti, non solo è stata privata dell’adeguata elaborazione delle emozioni più intense, ma la persona che avrebbe dovuto proteggerla da qualsiasi pericolo, ovvero sua madre, si è trasformata ella stessa nella principale fonte di pericolo: una strega cattiva e imprevedibile. Questo rappresenta un gravissimo attacco al Sé e alla sicurezza del legame di attaccamento, il quale genera altre emozioni dannose e intense. Nel momento in cui il caregiver non è responsivo e disponibile alle necessità emotive e psicologiche del bambino, questo si ritrova da solo a dover gestire la propria esperienza emotiva dolorosa e spaventosa, vivendola in modo travolgente e angosciante: “La solitudine, la solitudine psicologica, è la madre dell’angoscia” (Wolf, 1980)[17]. In uno scenario di questo tipo, quindi, il bambino deve decidere se preservare l’integrità dei legami di attaccamento o quella della propria esperienza affettiva. Nella maggior parte dei casi è proprio l’esperienza affettiva a venir sacrificata, compromettendo dunque l’accesso fluido alle emozioni, questo per difendere il più possibile l’immagine interiore del legame di attaccamento con la figura primaria, che rimane unico vero garante della sopravvivenza del bambino.

Per citare Fosha (2016, pag. 267)[18], attraverso un intervento di elaborazione empatica da parte del terapeuta, il paziente ha la possibilità di ascoltare gli eventi della sua vita narrati da qualcun altro. Questo gli consente di percepire che lui/lei esiste nella mente e nel cuore del terapeuta: il paziente ha l’occasione di vedersi attraverso gli occhi del terapeuta, accrescendo, così, la propria auto-empatia e la conoscenza di Sé. Attraverso questo intervento di validazione delle difese ed elaborazione empatica, S. ha sentito la terapeuta che narrava il motivo per cui si era inflitta le sue difese auto-sabotanti per tanto tempo e proprio grazie a questo intervento la paziente ha potuto vedere sé stessa attraverso gli occhi della terapeuta: per la prima volta si stava guardando con occhi comprensivi, protettivi e amorevoli. Quando nella relazione terapeutica il terapeuta sceglie di lavorare con impegno e senza mai fermarsi sulle difese ed il mondo auto sabotante del paziente, egli collabora con la parte sana del paziente, facendovi appello tramite il lavoro di sostegno e validazione e, in tal modo, si crea l’alleanza di lavoro e aumenta la motivazione al cambiamento da parte del paziente.

P: andavo a letto con tutti quanti, solo perché mi sentivo…nel mio cervello di diciottenne mi sentivo apprezzata così e non capivo invece che per un uomo, per un ragazzo, una vale l’altra. Non lo sapevo. E sono andata avanti per anni così.

Ora la paziente inizia a vedersi con occhi diversi: il tono non è più dispregiativo (indicatore dell’uso della difesa di svalutazione), ma di compassione nei confronti della ragazzina che era a diciotto anni. Questo cambiamento di prospettiva così fondamentale che la paziente concede alla sua parte più fragile avviene grazie a un poderoso lavoro sulle difese, svolto nelle sedute precedenti. Come affermato da McCullough Vaillant (1997, cap.5)[19], infatti, non è così semplice che un paziente abbandoni le sue abituali modalità difensive: esse rappresentano una certezza, una sicurezza, un punto fermo laddove nella sua vita ha regnato il caos, la paura e l’incertezza. Dunque, per far sì che un paziente lasci la terra ferma, seppur arida, desolata e inospitale, rappresentata dalle sue difese, per avventurarsi per il mare aperto, sconosciuto e imprevedibile, rappresentato dall’adattamento a difese più mature e funzionali, è necessario che paziente e terapeuta affrontino diversi passaggi, prima. Questi sono ben illustrati nel libro di Osimo, Parole, emozioni e videotape (2008, pag. 101)[20]:

  1. “Mettere in luce le conseguenze negative e punitive delle difese di carattere (d.R. o cellar door) e dei comportamenti ad esse collegati e aiutare il paziente a sentire emotivamente gli effetti della sua auto-punizione;
  2. Creare la possibilità emotiva per ogni persona di rinunciare a ricorrere a tali modalità penalizzanti anche se esse rappresentano per il paziente un equivalente delle sue relazioni con figure di attaccamento primario. Comportamenti masochistici e autopunitivi, ad esempio, si mostrano tanto più resistenti al cambiamento quanto più equivalgono simbolicamente alla relazione con un genitore che è realmente stato violento e punitivo. Per permettere al paziente di evadere da tale circolo vizioso occorrerà contrastare le relazioni patologiche con altre esperienze relazionali più positive della sua vita, se ci sono o ci sono state, facendo leva anche sulla relazione con il terapeuta;
  3. Avere presente che una persona può vivere con terrore la prospettiva di rinunciare a delle modalità che gli rappresentano la sua identità personale. Quindi solo un terapeuta che riesca a comunicare al paziente di rendersi conto di questo fatto sarà sufficientemente empatico da permettere al paziente di affrontare tutto il dolore che un cambiamento di carattere comporta;
  4. La rinuncia a una difesa rappresenta sempre una perdita simbolica che il paziente deve essere aiutato a elaborare;
  5. Ogni difesa, anche la più penalizzante e paralizzante, comporta anche alcuni aspetti vantaggiosi, dei quali occorre tenere conto, così da poter aiutare il paziente a individuare delle strategie alternative per non perdere tali vantaggi.”

T: e perché secondo lei?

La terapeuta non perde occasione di riportare la paziente alla responsabilità nei confronti di sé stessa.

P: avevo bisogno di amore

La paziente si sintonizza con i bisogni autentici, primari che hanno dato origine alle sue difese e ai suoi comportamenti

T: annuendo caldamente aveva bisogno d’amore, S., si…laddove glie ne è mancato, dalla sua mamma…

Anche la terapeuta è in piena sintonia con i bisogni e le emozioni della paziente ed esegue un ulteriore intervento di validazione delle sue difese, assumendo, in questo modo, un atteggiamento diverso da quello che la figura di riferimento primaria ha avuto nei confronti di S. La paziente, dunque, sperimenta un altro momento di esperienza emotiva correttiva: dato che la risposta della terapeuta è diversa dalla risposta abituale della mamma di S., la paziente ha l’opportunità di far fronte a quelle situazioni emotive che in passato erano intollerabili e gestirle diversamente rispetto a prima (Alexander & French, 1946)[21]. In questo caso, infatti, la paziente abbandona definitivamente le difese e inizia a commuoversi sempre più profondamente e autenticamente.

T: e quindi se rivede quella ragazza di 18 anni, se ripensa a quella ragazza di 18 anni, ora, cosa prova nei suoi confronti?

Ora che la paziente ha abbassato le difese, la terapeuta esegue, una pressione sull’esperienza emotiva con lo scopo di sostenere e lasciare espandere l’intenso contenuto emergente.

P: tanta tristezza… mi preferisco adesso, di gran lunga

La paziente ora accede “cognitivamente” all’effettiva emozione sottostante e prova antipatia nei confronti della sua parte auto-sabotante e difensiva: finalmente la vede, la riconosce e se ne discosta. Uno degli scopi del terapeuta è quello di coadiuvare il processo di separazione del paziente dalle sue difese, iniziandole a vedere come qualcosa di “altro” da Sé.

T: lei adesso è una donna, è diversa e ha degli strumenti diversi rispetto a quella ragazza di 18 anni spaventata, bisognosa d’amore.

La terapeuta effettua un intervento di rafforzamento dell’alleanza terapeutica, schierandosi con la paziente contro la sua parte auto-sabotante e riportando la paziente al qui e ora: intervento ad alto dosaggio di chiarificazione delle difese auto-sabotanti, di cui ora S. non ha più bisogno perché può contare su nuovi strumenti più funzionali e maturi per poter far fronte alle criticità della vita.

T: Lei adesso può essere di sostegno e di conforto a quella ragazza. È triste quello che le è successo, molto triste.

La terapeuta approfondisce ulteriormente l’intervento precedente, continuando a fornire un elevato dosaggio di chiarificazione delle difese e un solido sostegno all’Io della paziente.

Il passaggio successivo è di elaborazione empatica, sfruttando una caratteristica cardine della psicoterapia dinamico-esperienziale accelerata (AEDP, Fosha & Slowiaczek, 1997)[22]: l’espressione esplicita dell’empatia (Alpert, 1992[23], 1996[24]; Foote, B. 1992[25]; Foote, J. 1992[26]; Fosha, 1992[27]; Osiason, 1995[28]; Sklar, 1994[29]). Questo tipo di strategia prevede un uso attivo delle reazioni empatiche del terapeuta, andando oltre, quindi, al riflettere i sentimenti del paziente solo per fargli sapere di essere ascoltato: il terapeuta trasmette al paziente la propria idea del significato che una certa situazione può aver rappresentato per il paziente. Questo è quello che la terapeuta fa, nel momento in cui dice a S. “è triste quello che le è successo, molto triste”; ma qualunque cosa il terapeuta esprima, deve essere autentica, altrimenti l’intervento rischia di cadere nel vuoto. Se il paziente, invece, percepisce il terapeuta autentico e caldo, come in questo caso, può accedere ad una grande tristezza per la consapevolezza di ciò che gli/le è stato negato in passato. Il fatto di AVERE empatia dalla terapeuta ora, fa cogliere a S. quanto NON HA AVUTO in passato, ma questa consapevolezza e il supporto della terapeuta le permette anche di poter piangere per tutto quello che non ha avuto (Fosha, 2016): quando il paziente percepisce il terapeuta come empatico, i sentimenti passano reciprocamente dall’uno all’altro, in apparenza con facilità […] E’ un intervento efficace, dato che molti pazienti hanno raramente provato quello che è l’impatto di una persona che sta con loro emotivamente (Osiason, 1995)”.

T: se si immaginasse di poter confortare, di poter stare vicino a quella ragazza, cosa farebbe?

La terapeuta sollecita e coadiuva la formazione di un’immagine concreta di esperienza emotiva correttiva: è la paziente stessa a fare le veci della figura genitoriale che nella sua infanzia ha fallito nel fornirle una risposta emotiva e comportamentale adeguata e rassicurante: “Gli errori di commissione si hanno generalmente con quei caregiver più disturbati e più fragili. In questo scenario il bambino non solo non riceve aiuto per sostenere i sentimenti che temeva fossero insopportabili ma è anche umiliato, biasimato, rifiutato o punito, e gli si vieta di esperirli o esprimerli (o è deriso se lo fa)” (Fosha, 2016)[30]. Purtroppo questo è proprio il caso di S., che è stata derisa, umiliata e rifiutata dalla sua figura primaria di attaccamento, da sua madre, che invece di accoglierla e proteggerla, le riservava parole crudeli, violente e atteggiamenti per nulla protettivi. Questo ha fatto sì che le fragili fondamenta di una bambina che si costruisce un poco per volta attraverso le esperienze del mondo che le capitano, venissero profondamente minate. L’immagine di sé che S. si è creata è quella di un essere di poco valore, non desiderabile, profondamente fragile e insicuro.

Ma all’interno del setting terapeutico, la paziente può sperimentare una nuova modalità relazionale con la terapeuta, percependosi come individuo capace di prendersi cura di sé, rispettarsi e volersi bene. Attraverso questa nuova visione di sé (ristrutturazione del Sé), S. è anche in grado di prendersi cura della ragazza che è stata; la paziente comprende che la vecchia modalità di comportamento era un tentativo adattivo della bambina nei confronti delle circostanze che stava vivendo. Ora S. è in grado di vedere come questa modalità non le sia più utile, ma anzi, la ostacola nelle relazioni con gli altri (Alexander, F. & French, T. M., 1946)[31].

P: se non fossi io?

Ancora una volta la paziente tenta di sviare e di allontanarsi dall’accesso al materiale emotivo inconscio, ripiegando sull’autosvalutazione.

T: no, proprio lei! Nessun’altro…

La terapeuta richiama la paziente alle sue responsabilità verso sé stessa e alle sue capacità (Abbass, 2015)[32]. Pazienti con una forte tendenza alla passività, infatti, sono portati a rimandare la responsabilità e la direzione da seguire nel percorso terapeutico unicamente al terapeuta. In questo caso, dunque, è opportuno invitare il paziente a una collaborazione attiva, rimandandogli la necessità di un investimento di risorse e di impegno da parte di entrambi.

P: cosa farei?

La paziente persevera con un atteggiamento blandamente difensivo, rimanendo vaga e non rispondendo alla domanda della terapeuta.

T: lei, adesso, la persona che è ora, con gli strumenti che ha ora, come starebbe accanto a quella ragazza di 18 anni? come conforterebbe quella grande tristezza, quella grande paura, quel gran bisogno d’amore che aveva?

La terapeuta fa un intervento di precisazione, ricapitolazione e pressione, richiamando la paziente a essere altrettanto precisa nel momento in cui deve prendersi cura di sé. È di fondamentale importanza sfidare questa resistenza residua, poiché finché essa sarà presente non sarà possibile un autentico accesso all’inconscio e se il terapeuta non se ne occupasse e cercasse prematuramente dei contenuti ancora non completamente accessibile, allora il processo terapeutico si sposterebbe unicamente sul piano cognitivo e intellettualizzato (Davanloo, 1997)[33].

P: con l’amore

Finalmente la paziente abbandona le risposte difensive, lasciandosi guidare dalle emozioni del momento e dall’alleanza terapeutica.

T: come?

La terapeuta continua a sollecitare la paziente a fornire dettagli, in modo da fare prendere forma all’immagine creatasi nella mente di entrambe, in modo da alimentare l’emozione emergente.

P: con un abbraccio

T: mh! Annuendo sta vedendo quella scena? Sta vedendo di abbracciare S. di 18 anni? la paziente annuisce com’è questo abbraccio?

La paziente è presa da forti ondate di profonda tristezza, arriva un pianto di pancia. S. ristabilisce il contatto visivo con la terapeuta, che continua a guardarla annuendo.

Questo passaggio è definito da Beebe e Lachmann (1994)[34] momento affettivo intenso: momenti di questo tipo hanno un grande potere trasformativo e danno origine a dei cambiamenti profondi nel paziente, non tanto in base alla loro durata, ma alla loro intensità.

T: lasci andare, non trattenga S., è importante!

Momento di forte commozione anche per la terapeuta, che è totalmente concentrata sulla relazione con la paziente e in profonda risonanza emotiva con lei: anche nella terapeuta affiorano i correlati fisici legati all’emergere di emozioni potenti. Nello specifico, la terapeuta avverte una chiara sensazione del classico “nodo in gola”, collegato all’esperienza fisica di una profonda tristezza e del pianto che ne deriva.

Questo momento pare rispecchiare le parole di Siegel (1999)[35]: due persone durante uno scambio intenso e autentico, non solo rispecchiano e influenzano le proprie emozioni, vicendevolmente, ma anche le proprie sensazioni fisiche e il proprio funzionamento cerebrale.

La terapeuta facilita e sostiene l’emergere dell’emozione della tristezza che la paziente prova nei confronti di sé stessa. In questo passaggio si assiste al manifestarsi di uno degli stati affettivi di guarigioneil rimpianto del Sé (Fosha, 2016)[36]In questo caso l’esperienza terapeutica attiva la consapevolezza del paziente di ciò che non ha avuto, quello che ha perso e quello che gli è mancato. Il rimpianto del Sé implica affrontare ed elaborare l’impatto della realtà dolorosa che ha determinato la sofferenza psichica del paziente, proprio come nel processo di elaborazione del lutto (Freud, 1917[37]; Lindemann, 1944[38]; Volkan, 1981[39]). Quello che il paziente esperisce in questi casi, infatti, è proprio un dolore luttuoso che ha per oggetto il Sé.

P: ne avevo proprio bisogno a 18 anni

La paziente ora riconosce i bisogni di quando aveva diciotto anni, vede quella ragazza e prova dispiacere per lei, per sé stessa.

T: eeh si…e ora lei se lo può dare!

La terapeuta continua a sostenere la parte sana della paziente, l’Io osservante e attento, il Sé ristrutturato e in grado di sostenere la sua parte più fragile.

P: …ero sola

La paziente continua a riconoscere le gravi mancanze che ha subito da parte delle figure genitoriali e si concede di vivere il forte dispiacere per sé e per le difese auto-sabotanti che ha dovuto mettere in atto.

La terapeuta si commuove ancora, velatamente, empatizzando con la paziente.

T: cosa prova nei confronti di quella ragazza?

In questo passaggio la terapeuta esegue un intervento di pressione sull’emozione: pressione significa invitare il paziente a fare qualcosa che alimenti il suo processo di guarigione. In altri interventi, invece, il terapeuta può eseguire un intervento di sfida alla difesa, come esposto anche precedentemente in questo stralcio di seduta: sfidare la difesa significa invitare il paziente ad abbandonare qualcosa che interferisce con il suo processo di guarigione (Abbass, 2015)[40]. Secondo quanto affermato da Davanloo (1999b)[41], esistono dei correlati neuronali precisi, a cui il terapeuta si appella nel momento in cui esegue un intervento di pressione –sistema limbico- o di sfida –regioni cerebrali inbitorie-.

P: del bene

In questo passaggio emerge un altro stato affettivo di guarigione: il processo di ricevere affermazione (Fosha, 2016)[42]. Grazie a tale processo il paziente è in grado di riconoscere, sentire ed elaborare le esperienze terapeutiche che hanno alleviato la sua sofferenza e hanno generato un crescente senso di benessere. Weiss (1952)[43] descrisse le lacrime che spesso accompagnano questi momenti come un “pianto a lieto fine”.

T: dove lo sente fisicamente questo bene?

Incoraggiamento all’esplorazione dei correlati corporei dell’emozione (Fosha, 2016)[44].

P: sul cuore massaggiandosi il petto.

T: e cosa sente? Che sensazione ha? Imitando il gesto della paziente, sul petto.

La terapeuta interviene attraverso il rispecchiamento dei concomitanti fisici dell’esperienza (Fosha, 2016)[45].

P: adesso sto rivedendo l’abbraccio…leggerezza

Questo è ciò che accade quando è stato fatto un buon lavoro di sfida alle difese e di regolazione dell’ansia: la mente è sgombra, libera e affiorano spontaneamente immagini e contenuti vividi. Questo passaggio è uno di quei rari e intensi momenti che consentono al paziente di fare un’esperienza emotiva autentica, piena e appagante: la paziente sta sperimentando uno stato affettivo di guarigione. Come descritto da Fosha (2016)[46], esistono delle tipiche manifestazioni fisiche e fisiologiche legati a tale condizione: generalmente la voce è tremante, occhi limpidi, luminosi e umidi di lacrime, lo sguardo rivolto verso l’alto. Quest’ultimo aspetto è spesso legato alla sensazione di qualcosa che si innalza, che emerge, il sentirsi sollevati: si ha una direzione verso l’alto dell’esperienza sensoriale.

T: lo riviva quell’abbraccio, S.: più spazio gli dà e più bene arriva per lei, più si nutre di questa cosa, di questo amore. Com’è lasciare spazio a questo amore?

In questo passaggio la terapeuta invita la paziente a conservare l’immagine appena affiorata e tutte le piacevoli sensazioni ad essa connesse, come qualcosa di molto prezioso, di nutritivo e di curativo.

P: è bello

La paziente ora è a contatto con le sue emozioni più pure, più autentiche e lascia emergere la versione del Sé al meglio: il Triangolo del vero Sé- vero altro- emozione trasformativa (Fosha, 2016)[47]. Quando viene smobilitato questo tipo di assetto, l’Altro è percepito come profondamente comprensivo e amorevole, si percepisce sé stessi come autentici e l’ambiente emotivo come sicuro. Questo tipo di momento è stato definiti da Lachmann e Beebe (1996)[48] “Momento affettivo intenso” e da Stern e colleghi (1998)[49] “momenti ora”: in questo stato l’individuo sente di stare bene e che l’Altro è autentico. Questo passaggio segna un punto di svolta della terapia, a seguito del quale emozioni prima inaccessibili, sono vissute e diventano nutritive.

Ora la paziente è in grado di essere buona con sé stessa e di provare sentimenti empatici e compassionevoli nei propri confronti. Questo passaggio è fondamentale, dato che sono proprio queste le basi del processo che consentiranno al paziente di terminare il trattamento in studio, pur continuando il suo percorso personale di guarigione e crescita: il paziente impara ad assolvere al ruolo di caretaker per sé stesso.

CONCLUSIONI

Ho incontrato S., una delle mie prime pazienti, la quale si è rivolta a me e, con la fiducia costruita un poco alla volta, si è lasciata guidare nel suo percorso personale, affidandosi e permettendosi di abbandonare le sue difese ed esplorare ciò che ci stava dietro e che in principio tanto la spaventava.

In risposta agli invalidanti attacchi di panico che hanno portato S. in studio, inizialmente abbiamo lavorato in modo massiccio sulla consapevolezza dell’ansia, sulla sua regolazione e sulla consapevolezza del corpo; altrettanto lavoro è stato destinato alle difese, puntualmente individuate, confrontate e chiarificate.

In parallelo abbiamo iniziato un lavoro di rinforzo dell’Io, grazie all’esperienza emotiva correttiva (L’abbraccio mai dato), attraversando la storia della paziente, dando spazio e legittimità alle emozioni che emergevano legate alla difficile infanzia della paziente, quali tristezza e rabbia.

Attraverso questo doloroso ma fondamentale lavoro di rinforzo dell’Io e grazie ai nuovi strumenti derivanti dall’esperienza emotiva correttiva, la paziente si è sentita gradualmente sempre più competente nel sostenere le proprie difficoltà e le proprie paure, sentendo un poco alla volta sempre meno la necessità di richiedere un intervento esterno per supportarla (telefonate al papà in preda all’ansia, frequenti accessi al pronto soccorso, numerosi e invasivi esami medici) e sentendosi, viceversa, sempre più in grado di prendersi cura di se stessa.

Grazie a questa fase di rafforzamento dell’Io, S. ha potuto intraprendere, poi, il cruciale processo di separazione-individuazione (Mahler, 2000)[50] dai sui genitori. Tale processo, infatti, non era stato completato in modo fisiologico dalla paziente, a causa dell’ambiente familiare disfunzionale e ostile. Per questa ragione la paziente si era identificata con l’ansia paralizzante del padre e viveva con il costante terrore di essere una cattiva mamma, come lo era stata sua madre.

Una volta rafforzato l’Io della paziente, questo si è reso anche più visibile a lei, permettendole di riconoscersi come essere distinto e separato dai suoi genitori. Gli stessi genitori che, anche nell’ultima seduta della sua terapia, S. riconosce come esseri umani, con le loro fragilità, difficoltà e con i loro punti di forza.

Questo lavoro testimonia l’utilità e la potenza che l’esperienza emotiva correttiva ricopre all’interno di un percorso di psicoterapia: la relazione di attaccamento traumatizzata viene riparata attraverso il ricrearsi di uno stile di attaccamento sano tra paziente e terapeuta, che rinforza la parte sana del paziente.

BIBLIOGRAFIA

Abbass, A. (2015). Reaching through resistance: Advanced psychotherapy techniques. Seven leaves press.

Alexander, F. & French, T. M. (1946). Psychoanalitic Therapy. New York: Ronald Press.

Alexander, F., & French, T. M. (1993). L’esperienza emozionale correttiva. Psicoterapia e scienze umane, 27(2), 85-101.

Alpert, M. C. (1992). Accelerated empathic therapy: A new short-term dynamic psychotherapy. International Journal of Short-Term Psychotherapy, 7(3), 133-156.

Alpert, M. C. (1996). Videotaping psychotherapy. Journal of Psychotherapy Practice and Research, 5(2), 93-105.

Beebe, B., & Lachmann, F. M. (1994). Representation and internalization in infancy: Three principles of salience. Psychoanalytic psychology, 11(2), 127.

Davanloo, H. (1990). Unlocking the Unconscious: Selected papers of Habib Davanloo, MD. New York: Wiley.

Davanloo, H. (1996). Management of tactical defenses in intensive short‐term dynamic psychotherapy, Part I: Overview, tactical defenses of cover words and indirect speech. International Journal of Short‐Term Psychotherapy, 11(3), 129-152.

Davanloo, H. (1999b). Intensive short‐term dynamic psychotherapy—central dynamic sequence: phase of challenge. International Journal of Intensive Short‐Term Dynamic Psychotherapy, 13(4), 237-262.

Davanloo, H. (2001). Intensive short-term dynamic psychotherapy: extended major direct access to the unconscious. European Psychotherapy, 2(2), 25-70.

Foote, J. (1992). Explicit empathy and the stance of therapeutic neutrality. International Journal of Short-Term Psychotherapy, 7(3), 193-198.

Fosha, D. (Ed.) (1992a). Accelerated Empathic Therapy (AET): History, development and theory. International Journal of Short-Term Psychotherapy, 7(3).

Fosha, D., & Slowiaczek, M. L. (1997). Techniques for accelerating dynamic psychotherapy. American Journal of Psychotherapy, 51, 229-251.

Fosha, D. (2016). Il potere trasformativo dell’emozione. Istituto di Scienze Cognitive.

Freud, S. (1917). Mourning and melancholia, Standard Edition, vol. 14. London: Hogarth.

Lachmann, F. M., & Beebe, B. A. (1996). Three principles of salience in the organization of the patient-analyst interaction. Psychoanalytic Psychology, 13(1), 1.

Lindemann, E. (1944). Symptomatology and management of acute grief. American journal of psychiatry, 101(2), 141-148.

Mahler, M. S., Pine, F., & Bergman, A. (2000). The psychological birth of the human infant symbiosis and individuation. Basic Books.

McCullough Vaillant, L. (1997). Changing Character, Basic Books.

Osiason, J. (1995). Accelerated empathic therapy; a model of short-term dynamic psychotherapy. Paper presented at the symposium on short-term models of psychotherapy. The IV Congress of Psychology, Athens, Greece.

Osimo, F. (2001). Parole, emozioni e videotape. Manuale di psicoterapia breve dinamico-esperienziale (PBD-E). FrancoAngeli.

Shilkret, C. J. (2020). Atteggiamento del terapeuta ed esperienze emotive correttive.

Siegel, D. J. (1999). The developing mind: Toward a neurobiology of interpersonal experience. Guilford Press.

Sklar, I. (1994). The corrective emotional experience in AET. Paper presented at the conference on empathic interactions on STDP the Graduate Center of the City University of New York, NY.

Stern, D. N., Bruschweiler‐Stern, N., Harrison, A. M., Lyons‐Ruth, K., Morgan, A. C., Nahum, J. P., … & Tronick, E. Z. (1998). The process of therapeutic change involving implicit knowledge: Some implications of developmental observations for adult psychotherapy. Infant Mental Health Journal: Official Publication of the World Association for Infant Mental Health, 19(3), 300-308.

Ten Have-De Labije, J. & Neborsky, R. J. (2018). Mastering intensive short-term dynamic psychotherapy: a roadmap to the unconscious. Routledge.

Volkan, V. D. (1981). Linking objects and linking phenomena: A study of the forms, symptoms, metapsychology, and therapy of complicated mourning. International Universities Press.

Weiss, J. (1952). Crying at the happy ending. The Psychoanalytic Review (1913-1957), 39, 338.

Wolf, E. S. (1980). On the developmental line of selfobject relations. Advances in self psychology, 1, 117-130.

[1] Davanloo, H. Management of tactical defenses in intensive short‐term dynamic psychotherapy, Part I: Overview, tactical defenses of cover words and indirect speech, 1996.

[2] Davanloo, H. Intensive short-term dynamic psychotherapy: extended major direct access to the unconscious, 2001.

[3] Davanloo, H. Unlocking the Unconscious: Selected papers of Habib Davanloo, MD. New York: Wiley, 1990.

[4] Ten Have-de Labije, J. & Neborsky R.J., Mastering intensive short-term dynamic psychotherapy: a roadmap to the unconscious, 2018.

[5] Ten Have-de Labije, J. & Neborsky R.J., op. cit.

[6] Alexander, F. & French, T. M. Psychoanalitic Therapy, 1946.

 

[7] Alexander, F., & French, T. M. L’esperienza emozionale correttiva, 1993.

[8] Shilkret, C. J. Atteggiamento del terapeuta ed esperienze emotive correttive, 2020.

[9] Osimo, F. Parole, emozioni e videotape. Manuale di psicoterapia breve dinamico-esperienziale (PBD-E), 2001.

[10] Abbass, A. Reaching through resistance: Advanced psychotherapy technique, 2015.

[11] Fosha, D. Il potere trasformativo dell’emozione, 2016.

[12] Abbass, A. op. cit.

[13] Davanloo, H. opcit.

[14] Ten Have-de Labije, op. cit.

[15] Ibidem

[16] Fosha, D op. cit.

[17] Wolf, E. S. On the developmental line of self-object relations, 1980.

[18] Fosha, D op. cit.

[19] McCullough Vaillant, L. Changing Character, 1997

[20] Osimo, F. op. cit.

[21] Alexander, F. & French, T. M. op. cit.

[22] Fosha, D., & Slowiaczek, M. L. Techniques for accelerating dynamic psychotherapy, 1997.

[23] Alpert, M. C. Accelerated empathic therapy: A new short-term dynamic psychotherapy, 1992.

[24] Alpert, M. C. Videotaping psychotherapy, 1996.

[25] Foote, B. Accelerated empathic therapy; the first self-psychological brief therapy?, 1992.

[26] Foote, J. Explicit empathy and the stance of therapeutic neutrality, 1992.

[27] Fosha, D. Accelerated Empathic Therapy (AET): History, development and theory, 1992a.

[28] Osiason, J. Accelerated empathic therapy; a model of short-term dynamic psychotherapy, 1995.

[29] Sklar, I. The corrective emotional experience in AET, 1994.

[30] Fosha, D op. cit.

[31] Alexander, F. & French, T. M. op. cit.

[32] Abbass, A. op. cit.

[33] Davanloo, H. op. cit.

[34] Beebe, B., & Lachmann, F. M. Representation and internalization in infancy: three principles of salience, 1994.

[35] Siegel, D. J. The developing mind: Toward a neurobiology of interpersonal experience, 1999.

[36] Fosha, D op. cit

[37] Freud, S. Mourning and melancholia, 1917.

[38] Lindemann, E. Symptomatology and management of acute grief, 1944.

[39] Volkan, V. D. Linking objects and linking phenomena: a study of the forms, symptoms, metapsychology, and therapy of complicated mourning, 1981.

[40] Abbass A. op. cit.

[41] Davanloo, H. Intensive short‐term dynamic psychotherapy—central dynamic sequence: phase of challenge, 1999b.

[42] Fosha, D. op. cit.

[43] Weiss, J. Crying at the happy ending, 1952.

[44] Fosha, D. op. cit.

[45] Ibidem

[46] Ibidem

[47] Ibidem

[48] Lachmann, F. M., & Beebe, B. A. Three principles of salience in the organization of the patient-analyst interaction, 1996.

[49] Stern, D. N., Bruschweiler‐Stern, N., et al. The process of therapeutic change involving implicit knowledge: Some implications of developmental observations for adult psychotherapy, 1998.

[50] Mahler, M. S., et al. The psychological birth of the human infant symbiosis and individuation, 2000.

]]>
ESPORSI PER CAMBIARE : Affect Phobia Therapy: l’integrazione per leggere la complessità https://www.cisspat.edu/esporsi-per-cambiare/ Wed, 30 Mar 2022 13:28:37 +0000 https://www.cisspat.edu/?p=13959 Affect Phobia Therapy l’integrazione per leggere la complessità Copertina articoli cisspat (2)ESPORSI PER CAMBIARE apt alessandro bellin alessandro bargnani Copertina articoli cisspat (2)Affect Phobia Therapy: l’integrazione per leggere la complessità

A cura di Dott. Alessandro Bellin Certified APT™-Therapist

Keywords: psicoterapie dinamiche brevi, soma, tensione possibile, esposizione ed esporsi, fobia dell’affetto, controtransfert modelli operativi integrati nella pratica clinica

Già al tempo di S. Ferenczi si discuteva sul significato della brevità della psicoterapia e sul grado di attività del terapeuta nel trattamento; si ritrovano nella sua opera con O. Rank, The Development of Psychoanalysis, 1924, le prime considerazioni relative a questi argomenti, oltre alla teorizzazione dell’importanza della relazione terapeuta – paziente.

Fu così che alcuni esponenti del pensiero psicoanalitico classico iniziavano a compiere una loro evoluzione sulla tecnica, approdando successivamente ad una  concettualizzazione più organizzata delle psicoterapie brevi. Pionieri in questo campo furono F. Alexander e T. H. French; le modifiche che apportarono alla tecnica psicoanalitica classica riguardarono principalmente il setting, l’attività del terapeuta, le interpretazioni di transfert e l’individuazione di un focus di lavoro condiviso col paziente. Questo focus consentiva di accompagnarlo ad una posizione di maggior attenzione e responsabilità verso sé stesso, evitando di cristallizzarlo in una posizione passiva che favoriva lo sviluppo della nevrosi da transfert. Ulteriori cambiamenti e innovazioni furono promossi da autori moderni, come H. Davanloo et al. che aprirono nuove strade di accesso all’inconscio attraverso il soma. La psicoanalisi sembrava infatti aver omesso il corpo come depositario dei vissuti e delle componenti biologiche delle emozioni; nonostante i primi psicoanalisti fossero medici, questa dimensione risultava un “grande assente”.

  1. Davanloo ha voluto riconsiderare il soma, mettendolo al centro: ha deciso di coinvolgere direttamente il paziente, ascoltandolo e orientandosi in base alla sua capacità di tollerare i conflitti; il corpo viene considerato come un depositario della “verità” del paziente e indica quanto la sua struttura psichica sia in grado di tollerare il conflitto, rimasto a lungo seppellito nelle oscure cantine dell’inconscio. Se agli inizi della Psicoterapia Dinamica Breve (in particolare vedi la STAPP, P. Sifneos con i Cinque Criteri di Selezione)[1]si sosteneva che questa tipologia di tecnica fosse riservata a pazienti con focus edipici, con H. Davanloo (1995b) attraverso il modello graduato[2] possiamo vedere come questa tecnica intensiva possa aiutare il paziente ad accedere al suo inconscio, al fine di far emergere le sue conflittualità e affrontare le angosce più profonde. La “preparazione” del paziente avviene attraverso il modello graduato che consta in un’esposizione graduale ai suoi vissuti ed emozioni fino a quando questi risultano tollerabili. I segnali di questa tolleranza saranno riconoscibili dall’osservazione da parte del terapeuta (e successivamente anche dal paziente stesso) dalle reazioni corporee all’ansia (le tre vie di scarica dell’ansia)[3] del paziente.

La tecnica di H. Davanloo ISTDP (Intensive Short Term Dynamic Psycotherapy) inizia a strutturarsi con un impianto teorico sempre più articolato anche grazie all’intervento di D. Malan, che ne consolida la validità mediante la sua teorizzazione metapsicologica (Malan, 1963, 1976a, 1979 chapter 10). Tra i concetti chiave si ritrova quello relativo al processo di cambiamento della persona, che può avvenire solo quando il paziente sarà in grado di entrare in contatto con sé stesso, con il suo profondo, ovvero facendo esperienza di sé.

Come spiego spesso ai miei studenti, un cambiamento duraturo è possibile quando il paziente riesce ad entrare in contatto autentico con le proprie emozioni profonde, una volta presa consapevolezza del proprio conflitto interiore. A suffragare questo concetto, espresso da H. Davanloo, a proposito della correlazione diretta fra esperienza delle emozioni e l’esito del trattamento vi sono state ricerche importanti (Abbass, 2002a; Town, Abbass & Brenier, 2013; Johansson, Town & Abbass,2014) che hanno evidenziato come a livello cerebrale attivando le strutture limbiche e i sistemi di memoria si escludono le regioni difensive come quelle della corteccia prefrontale.[4]

Parlo di “tensione possibile” come ciò che dobbiamo ricercare come terapeuti, ovvero: un equilibrio tra psiche e soma del paziente, affinché rimanga  esposto all’emozione sviluppando la capacità di tollerarla.

Affect Phobia Therapy l’integrazione per leggere la complessità Copertina articoli cisspat (2)ESPORSI PER CAMBIARE apt alessandro bellin alessandro bargnani

In Figura 1 si possono notare, visivamente, le differenze tra una relazione terapeutica e l’altra.

Nella prima situazione possiamo notare come la tensione possibile nella relazione terapeutica sia “allentata”: si tratta di quelle circostanze in cui il paziente riferisce al terapeuta gli avvenimenti accaduti o quando fa delle corrette interpretazioni o collegamenti passato-presente, ma senza quel coinvolgimento che verrebbe favorito da un contatto autentico con le sue emozioni profonde.

Nella seconda vi è la “rottura”: da parte del terapeuta è stata esercita troppa pressione e l’ansia del paziente è aumentata divenendo non più tollerabile a sé stesso. In questo caso il paziente non si sente più com-preso dal terapeuta; tali circostanze possono portare all’interruzione del percorso o peggio ancora ad una traumatizzazione del paziente, che viene esposto ad un contenuto emotivo non (ancora) tollerabile.

Nella terza situazione è rappresentata la modalità corretta di procedere: il terapeuta è entrato in pieno contatto col paziente ed esercita quella corretta pressione che permette al paziente di sperimentare le emozioni legate ai vissuti in oggetto. Questo significa anche che il terapeuta è in grado di tollerare la sua ansia rispetto ai contenuti emotivi profondi che stanno emergendo. Pertanto la capacità del terapeuta di riconoscere quando si attivano in lui difese o fobie dell’affetto diventa, anche per questa tecnica, una conditio sine qua non.

Ma allora cosa intendiamo quando si parla di esposizione o exposure? Per rispondere a questa domanda sarà utile fare alcuni passi indietro ed introdurre alcuni fra i concetti principali dell’Affect Phobia Therapy (APT).

Negli anni ’80 la dott.ssa Leigh McCullough, su suggerimento di D. Malan, partecipò ad un seminario tenuto da Davanloo sulla terapia breve. La formazione cognitivista di L. McCullough le permise di apportare nuovi contribuiti alla tecnica formulando l’approccio APT di derivazione ISTPD, riformando ed integrando alcuni assunti base. Il concetto cardine su cui poggia l’APT è la fobia degli affetti. Quando si parla di affetti si fa riferimento a stati emotivi interni; le fobie, siano volte verso oggetti esterni o verso stati interni, scaturiscono sempre da un disagio personale, dovuto ad affetti e conflitti non elaborati che prendono la forma di fobia. E’ possibile pertanto che in un paziente vengano evitati sentimenti di vuoto, di tristezza, di rabbia o di vicinanza. La psiche, in questo caso, si dovrà riorganizzare per evitare quella determinata emozione e strutturerà percorsi alternativi, con difese maladattive che consentono alla persona di evitare i sentimenti intollerabili.

La terapia si focalizza pertanto sugli affetti come sinonimo di emozioni.

Le emozioni adattive sono quei sentimenti o affetti costruttivi che favoriscono comportamenti virtuosi, mentre si parla di emozioni maladattive quando quei sentimenti o affetti distruttivi vanno ad bloccare o inibire i processi e/o i comportamenti sani e proficui. E’ possibile così definire “emozioni attivanti” (activating affects) quelle che permettono di sviluppare la nostra energia vitale. Si tratta di stati in cui si riesce a vivere a pieno ed in modo “coerente” le proprie emozioni: quando siamo felici ridiamo, quando siamo tristi piangiamo, quando siamo arrabbiati poniamo dei limiti (e quindi ci conteniamo) e sappiamo essere vicini e compassionevoli verso noi stessi e gli altri. Invece, quelle che vengono definite “emozioni inibitorie” (inhibitory affects) sono quelle che vanno a paralizzare le nostre risposte di protezione sana di fronte ad eventi vissuti come avversi. Ad esempio: l’ansia mette in allerta la persona quando sta procedendo in una direzione che può essere dolorosa, ma troppa ansia diventa traumatizzante e paralizzante. La colpa, segnala che si sta infrangendo una regola, ma un eccessivo senso di colpa si trasforma in auto-attacco e odio per se stessi. La vergogna segnala quando ci si sta comportando in modo inaccettabile, ma se eccessiva si trasforma in umiliazione e svilimento. Il dolore emotivo segnala che si è angosciati, ma molto dolore diventa un’angoscia insopportabile. Riconosciamo, quindi, come emozioni inibitorie: ansia e panico; vergogna e umiliazione; colpa, dolore e angoscia ed infine il disgusto[5].

L’impianto teorico a cui si fa riferimento recupera alcuni concetti della teoria di Silvan Tomkins (Vol 1, pp. 22-87, 1962) che spiega come ci siano tre sistemi motivazionali che spingono le persone ad agire o stimolare specifiche tendenze d’azione. Tali stimoli sono:

– Gli impulsi biologici (fame, sete, sessualità ecc);

– Il dolore fisico;

– Le emozioni (rabbia, tristezza, paura, eccitazione, gioia ecc).

  1. Tomkins sottolinea come le emozioni siano i principali “motivatori” dei comportamenti[6]. A titolo esemplificativo si pensi a come l’eccitazione possa favorire determinate esperienze, mentre la vergogna possa inibire gli impulsi sessuali.

Il termine behavior (comportamento), che può “spaventare” coloro che provengono da una formazione psicoanalitica – psicodinamica, può essere invece un punto di partenza utile per un’approccio integrato: proprio in relazione alle fobie, si sono consumate infinite discussioni tra l’impostazione cognitivo-comportamentale e quella psicodinamica – psicoanalitica. L’argomentazione è nota: modificare il comportamento non genera una risoluzione definitiva del conflitto; ma, mentre per gli psicoanalisti è necessario approfondire il trauma antico dove risiede l’origine della fobia, per i terapeuti cognitivo-comportamentali è necessario rieducare il SNC mediante desensibilizzazione ed esposizione allo stimolo fobico. Purtroppo la conflittualità tra gli approcci genera spesso derive di tipo dogmatico, ostacolando un confronto produttivo tra due posizioni interessanti e assolutamente integrabili nella pratica clinica.  Fobie dei terapeuti?

E’ mio parere che l’approccio APT abbia il merito di aver costruito un impianto teorico e clinico comune tra diversi modelli di cura. Il punto focale non sarà pertanto il confronto tra i diversi approcci, ma un’integrazione che valorizzi la complessità della persona.

Spesso, K. Osborn, allieva diretta di L. McCullough, definisce l’APT come un’approccio che si fa portatore dell’obiettivo di integrare le diverse angolature da cui viene vista la persona, per prendersene cura, come terapeuti, utilizzando ciò che la ricerca scientifica ha dimostrato essere valido.

Per tornare cosi al punto di partenza, l’exposure (ovvero l’esposizione), quindi, permette al paziente di esporsi alle emozioni vissute come dolorose, che lo hanno direzionato nella scelta – inconscia – di comportamenti boicottanti, che affondano le radici in una storia antica e profonda. Rivivere l’emozione nel setting psicoterapico[7] permette la nascita di quello che Davanloo definisce “complesso di sentimenti transferali” che, elaborato, permetterà al paziente di accedere al suo profondo, imparando a tollerare l’affetto, ovvero l’emozione. Una vera magia!

Ed ecco una seconda magia: ho incontrato personalmente colleghi provenienti da scuole cognitiviste che parlano di transfert e controtransfert, Super-io sabotante o punitivo, ecc. Mi piace pensare che un’integrazione sia auspicabile e possibile al fine di rendere le tecniche terapiche più esaustive e quindi efficaci.

Ciò che mi ha lasciato uno stupore ancora maggiore, riguarda le esperienze di supervisione con il gruppo APT, ovvero il profondo lavoro controtransferale: quando si opera un’analisi delle proprie fobie e si realizza un lavoro in relazione all’impatto che esse hanno quando incontrano quelle del paziente, si ottiene un risultato eccezionale. Questo conferma quanto noi terapeuti abbiamo bisogno di una “formazione e manutenzione permanente”. Le nostre vite, infatti, proseguono: amiamo e soffriamo esattamente come i nostri pazienti e la continua esposizione a esperienze (interiori ed esteriori) non potrà che muovere in noi oceani che, coprendo e disvelando, ci regaleranno nuovi lembi di terra.

“Se l’emozione, nella natura umana, è la fondamentale forza motivazionale, allora le emozioni devono essere centrali nel nostro lavoro clinico teorico e pratico, così da avere un impatto significativo nel cambiamento del comportamento dei pazienti”
(Treating Affect Phobia, p. 15, – 2003 – , Traduzione a cura di A. Bellin)

Bibliografia

Abbass A. (2015), Superando la resistenza traduzione italiana A. Bellin, I. Carraro; M. Malugani,  Padova Cleup 2108

Alexander F., French T.M. et al., (1946) Psychoanalytic Therapy Principles and Application, New York, The Ronald Press Company

Davanloo H. (1990), Unlocking the Unconscious, Selected Papers of Habib Davanloo MD, Toronto, John Wiley and Sons

Donovan J. M., Osborn A.R.K, Rice S. (2017), Paraverbal Communication in Psychotherapy Beyond the Words, New York Rowman & Littlefield

Flegenheimer W.V (1993), Techniques of Brief Psychotherapy, USA Jason Aronson Inc

Malan D. (1979), Individual Psychotherapy and the Science of Psychodynamics, Butterworth & Co Ltd

McCullough, Nat Kuhn, Stuart Andrews, Jonathan Wolf, Cara Lanza Hurley (2003), Treating Affect Phobia Manual, New York, The Guilford Press

McCullough Vaillant L. (1997), Changing character: Short-Term, Anxiety-Regulating Psychotherapy for Restructuring Defenses, Affects, and Attachment. New York, Basic Books.

Sifneos P. (1974), Short Term Psychotherapy and Emotional Crisis, MA USA Harvard University Press

Soresi E. (2017), Il Cervello Anarchico, Milano, UTET

Ten Have -De Labue, Neborsky R.J. (2012), Mastering Intensive Short-term Dynamic Psychotherpy. London Karnac Books

[1] Short Term Psychotherapy and Emotional Crisis, P. Sifneos 1974

[2] Superando la resistenza, A. Abbss 2015, traduzione A. Bellin, I. Carraro, M. Malugani 2018

[3] Vie di scarico dell’ansia,  H. Davanloo 2001; A. Abbass 2005

[4] Superando la resistenza, A. Abbss 2015, traduzione A. Bellin, I. Carraro, M. Malugani 2018

[5] McCullough, et al. 2003, Treating Affect Phobia Manual

[6] Ibidem

[7] Psychoanalytic Therapy Principles and Application , F. Alexander, T.M. French et al.,1946

]]>
CORSI IN PARTENZA – SABATO 14 MAGGIO 2022: Corso T.A.S. Tecniche Autogene Superiori https://www.cisspat.edu/corso-tas-sulle-tecniche-autogene-superiori-2022/ Sun, 13 Mar 2022 09:06:15 +0000 https://www.cisspat.edu/copia-di-seminario-internazionale-sul-luscher-test-padova-11-maggio-2019-hotel-granditalia/ Importata dalla Germania dove Johannes Heinrich Schultz la fece conoscere nel 1932, la Psicoterapia Autogena o Bionomica è diffusa, praticata e apprezzata, in Italia, da oltre 60 anni. Il merito del suo successo va ai lavori di tre autori particolarmente significativi: J.H. Schultz con il Training Autogeno di Base (T.A.) e il Training Autogeno Superiore o Analitico (T.A.S.); Wolfgang Luthe con la Neutralizzazione Autogena (che si compone di due modalità di intervento, l’Abreazione Autogena e la Verbalizzazione Autogena); Ernst Kretschmer con la Tecnica del Doppio Binario.

Il corso si propone di fornire conoscenze teoriche e competenze pratiche sulle Tecniche Autogene Superiori tali da consentire la realizzazione di interventi tra loro integrati e collegati. Scopo del Corso è offrire ad ognuno le competenze concrete per poter sia padroneggiarle pienamente, sia sperimentarle su di sé come esperienza formativa. Saranno fornite le coordinate e le metodologie per poter adeguatamente interpretare i vari vissuti ed ottimizzare le possibilità terapeutiche del Training Autogeno Superiore, del Doppio Binario e della Neutralizzazione.

Sede Corso

C.I.S.S.P.A.T – Padova, Piazza De Gasperi 41

Date e orari

1° INCONTRO: SABATO 14 MAGGIO 2022    DOTT.SSA MARIN SILVIA – DOTT. ZUCCOTTI LORENZO
2° INCONTRO: SABATO 28 MAGGIO 2022   DOTT.SSA MARIN SILVIA – DOTT. ZUCCOTTI LORENZO
3° INCONTRO: SABATO 04 GIUGNO 2022      DOTT. BARUZZO ROBERTO
4° INCONTRO: SABATO 25 GIUGNO 2022   DOTT. BARUZZO ROBERTO
-10 ore per ciascun incontro, dalle ore 8.30 alle ore 19.30 (pausa pranzo dalle 13.30 alle 14.30)

Attestati

Attestato di Operatore nelle Tecniche Autogene Superiori

 Costo

€ 590,00 + iva 22% (per un totale di € 719,80)

 Modalità di iscrizione

1) Acquisto del corso tramite il pulsante “ISCRIVITI AL CORSO”
2) Versamento della 1^ rata di € 300,00 + IVA (366,00 euro iva compresa) a mezzo bonifico bancario
Intestazione a: C.I.S.S.P.A.T. srl
Codice IBAN: IT75C0503412100000000005119
(Banco BPM – Fil. di Padova, Via Trieste)
3) Invio copia della ricevuta del bonifico.

La 2^ rata a saldo andrà versata entro il 3° incontro con le stesse modalità.

 

CORSO T.A.S. SULLE TECNICHE AUTOGENE SUPERIORI – EDIZIONE 2022

]]>
OPEN DAY SCUOLA DI PSICOTERAPIA DINAMICA BREVE Mercoledì 11 Maggio 2022 ore 16:00 https://www.cisspat.edu/open-day-2022-cisspat-psicoterapia-dinamica-breve-11-maggio-2022/ Fri, 11 Mar 2022 12:13:45 +0000 https://www.cisspat.edu/copia-di-open-day-scuola-di-psicoterapia-dinamica-breve-mercoledi-27-ottobre-2021-ore-1600/ open day cisspat centro italiano studio sviluppo psicoterapie a breve termine

MERCOLEDI’ 11 MAGGIO 2022 alle ore 16:00

La presentazione del corso quadriennale in Psicoterapia Dinamica Breve CISSPAT è confermata e verrà svolta in modalità DUALE (sia in presenza in aula presso la Sede C.I.S.S.P.A.T. in Piazza De Gasperi, 41 a Padova, sia in aula virtuale in diretta online tramite piattaforma Zoom). E’ opportuno che venga fornita conferma della partecipazione, compilando il form di registrazione. Coloro che avranno confermato la propria partecipazione, potranno accedere in aula (numero chiuso e limitato) e riceveranno il link per poter partecipare alla presentazione online.

La partecipazione è gratuita, previa prenotazione; la presentazione è a numero chiuso e le richieste verranno accolte in ordine di ricezione.

Per avere maggiori informazioni sulla Scuola Quadriennale di Psicoterapia Dinamica Breve, clicca qui.

Per ulteriore informazioni o richieste, contattare la Segreteria al recapito telefonico 049 650 861 o al recapito email info@cisspat.edu

Ulivo Pianta Naturale Chill Generale Banner SoundCloud

]]>
Buone Feste https://www.cisspat.edu/buone-feste/ Fri, 24 Dec 2021 08:28:29 +0000 https://www.cisspat.edu/?p=13510 LA DIRETTRICE MARILLA MALUGANI E TUTTO LO STAFF AUGURANO BUONE FESTE.

buone feste natale cisspat

 

]]>
WORKSHOP GASTON BACHELARD: TRA IMMAGINAZIONE E RÊVERIE https://www.cisspat.edu/workshop-gaston-bachelard-tra-immaginazione-e-reverie/ Thu, 11 Nov 2021 15:38:34 +0000 https://www.cisspat.edu/?p=13260 WORKSHOP

GASTON BACHELARD: TRA IMMAGINAZIONE E RÊVERIE

CONGRESSO CISSPAT | VENERDI’ 12 NOVEMBRE | PADOVA

L’incontro ha la finalità di presentare una figura, quella di Gaston Bachelard che,
seppur poco conosciuta, risulta fondamentale nel panorama della filosofia
e psicologia moderne. Il suo pensiero, diviso fra filosofia della scienza ed immaginario,
è ricco come pochi altri di stimoli e riflessioni per la nostra professione.

L’attività si svolgerà presso la sede Nazionale in Piazza De Gasperi 41 a Padova
e in diretta online nella giornata di Venerdì 12 Novembre 2021.

 

GASTON BACHELARD TRA IMMAGINAZIONE E RÊVERIEBachelard (1884 – 1962) è una figura, seppur poco conosciuta, fondamentale nel panorama della filosofia e psicologia moderne. Il suo pensiero, diviso fra filosofia della scienza ed immaginario, è ricco come pochi altri di stimoli e riflessioni per la nostra professione. La sua formazione in matematica, fisica e chimica lo portano a dedicarsi al pensiero scientifico ed alla sua formazione, a formulare concetti fondamentali come rottura epistemologica, ostacolo epistemologico, conoscenza approssimata, psicoanalisi della conoscenza oggettiva, razionalismo applicato e materialismo istruito. Ma è sul versante dell’immaginazione che i suoi contributi impongono una vera rivoluzione dello spirito. Le sue poetiche (La poetica dello spazio e La poetica della reverie) aprono possibilità inimmaginabili in psicologia, creando similitudini con la nuova psicoanalisi, con la teoria del campo, con Bion e la rêverie, dando nuove letture all’espressione creativa, alla pittura, all’arte, alla poesia, all’educazione, all’estetica e al rapporto fra psicoterapeuta e paziente. A quasi  60 anni dalla morte è giunto il tempo di farlo conoscere e di valorizzarne il pensiero nella sua completezza. La giornata di studio ha questa funzione, di mostrare gli aspetti innovativi del pensiero di Bachelard e di gettare le basi per una valorizzazione del pensiero immaginativo e del suo potere trasformativo in psicoterapia.

Il dott. Nevio Del Longo ha recentemente pubblicato il libro Gaston Bachelard e le vie dello spirito (Ed. Mimesis, 2021), che fornisce una sintesi aggiornata dell’intero percorso bachelardiano ponendo anche le basi per uno sguardo nuovo legato ad un possibile re-incontro fra questo e la psicoanalisi bioniana e neobioniana: Bion, Grotstein, Ogden, Bromberg, Shore, Ferro e Civitarese.

In questa giornata saranno presenti gli studiosi italiani più qualificati di Bachelard, autori di libri importanti, nonché  psicoterapeuti che lavorano con l’immaginazione mentale dentro la cornice della Psicoterapia Dinamica.

Si parlerà di archetipi junghiani dello spazio e dell’uso libero che ne ha fatto Bachelard (Alison), dell’importanza dell’Oniroterapia nella sua veste più attuale, tecnica introdotta e realizzata dal Prof. Peresson e insegnata dalla Dott.ssa Malugani (attuale Direttrice CISSPAT) e attualmente insegnata al CISSPAT proprio dal Dott. Baruzzo; di come l’immaginario nel transfert e controtransfert si apra alla rêverie e possa includere l’esperienza estetica oltre che terapeutica (Coppola); il rapporto tra Bachelard e Desoille, autore del RED, e di come le immagini siano in grado di curare (Boccali); la complessità del lavorare con le immagini e quindi il lavoro clinico con le tecniche d’Immaginazione dinamica (D’Ilario) e poi uno sguardo sui sogni e la loro grande importanza in psicoterapia (Vegliach) e quindi le confluenze del pensiero di Bachelard con Bion e di come si “costruisce la mente” (Del Longo).

Una giornata che vuole essere un’occasione per la crescita professionale e per ritrovare nuove motivazioni all’uso dell’immaginario attraverso la poliedricità degli interventi e delle tecniche proposte.


ORGANIZZAZIONE E SVOLGIMENTO  

Partecipanti:

Dott.ssa Marilla Malugani: direttrice C.I.S.S.P.A.T.

Mail: info@cisspat.edu

Dott. Nevio Del Longo: docente C.I.S.S.P.A.T. e docente a contratto della Scuola di Neuropsicologia dell’Università di Trieste e dell’Istituto Universitario Salesiano (IUSVE). Autore di diversi saggi di Psicodiagnostica e Psicoterapia. Da ricordare: “La rêverie in psicoanalisi. Immaginazione e creatività in psicoterapia”, Franco Angeli Ed., Milano, 2018 e “Gaston Bachelard e le vie dello spirito”, Mimesis Ed., Milano-Udine, 2021;

Mail: nevio.dellongo@libero.it

Prof. Aurosa Alison: professoressa di Estetica al Politecnico di Milano e all’Università Ferdinando II di Napoli, Autrice di numerosi saggi e di articoli di Filosofia ed Estetica. Si ricorda il recente libro: “Epistémologie et esthétique de l’espace chez Gaston Bachelard”- Mimesis, Paris, France;

Mail: aurosa.alison@hotmail.it

Prof. Roberto Baruzzo: docente C.I.S.S.P.A.T. e docente a contratto dell’Istituto Universitario Salesiano (IUSVE). Esperto in Psicoterapia Autogena e in Oniroterapia, Autore di diversi saggi ed articoli pubblicati in diverse Riviste italiane.

Mail: baruzzo.roberto@tin.it

Prof. Alessandro Vegliach: docente C.I.S.S.P.A.T. e docente a contratto della Scuola di Neuropsicologia dell’Università di Trieste. Autore di diversi articoli in psicoterapia su Riviste specializzate italiane ed estere.

Mail: alessandrovegliach@gmail.com

Dott. Alfredo D’Ilario: Psicologo – Psicoterapeuta, docente di Psicoterapia Dinamica Breve all’Istituto di Alta Formazione (IAF – Roma e Pescara), formatosi al C.I.S.S.P.A.T. di Padova e all’Istituto Bernheim di Verona, autore di diversi articoli e ricerche pubblicati su diverse Riviste Italiane.

Mail: alfredodilario@gmail.com

Prof. Renato Boccali: docente di Estetica e Filosofia dell’Arte all’Università IULM di Milano e coordinatore della Cattedra UNESCO “Studi culturali e comparativi sull’immaginario”, autore di diverse pubblicazioni su P.Ricoeur, Merleau-Ponty e su Gaston Bachelard: “Collezioni figurali. La dialettica delle immagini in Gaston Bachelard”. Mimesis Ed., Milano – Udine, 2017.

Mail: renato.boccali@iulm.it

Dott.ssa Sara Coppola: Psicologa e Psicoterapeuta, formatasi al CISSPAT ed Autrice di diversi articoli di psicoterapia dinamica comparsi in diverse Riviste di Psicologia e Psicoterapia italiane.

Mail: sarcop@gmail.com

La giornata si terrà in modalità duale, sia in presenza che on-line, sarà aperta a tutti gli allievi del C.I.S.S.P.A.T., agli ex Allievi, agli iscritti all’Albo E.C.A.A.T., ai partecipanti al Master in Psicologia e Coaching nello Sport, agli esterni che abbiano titolo a parteciparvi (psicologi, psicoterapeuti, medici, …).

Si ricorda che il seminario sarà a numero chiuso, pertanto le iscrizioni di ex allievi, esterni con titolo, iscritti E.C.A.A.T. e Master nello Sport verranno accettate in ordine di arrivo e fino ad un numero massimo di n.20 partecipanti presenti in aula presso la Sede Cisspat in piazza De Gasperi 41 a Padova, e fino ad un numero massimo di n.40 partecipanti presenti in diretta online.

Per questo evento non è prevista la assegnazione di Crediti ECM.

GASTON BACHELARD TRA IMMAGINAZIONE E RÊVERIE (1)

La giornata si svolgerà con la seguente programmazione:

Mattina:

9.00 – 9.30: Dott. Nevio Del Longo (C.I.S.S.P.A.T.) –  Introduzione alla giornata e presentazione degli Autori e degli interventi: “L’attualità del pensiero di Gaston Bachelard

9.30 – 10.30: (on-line) Prof. Aurosa Alison (Politecnico di Milano):Bachelard & gli archetipi junghiani dello spazio

10.30 – 10.45: Pausa caffè

10.45 – 11.45: (on line)  Prof. Roberto Baruzzo (C.I.S.S.P.A.T.):Oniroterapia ed immaginario in psicoterapia

11.45 – 12.15: Dott.ssa Sara Coppola (C.I.S.S.P.A.T.):Non solo immagini e rêverie, ma anche esperienza: la poetica in psicoterapia

12.15 – 13.00: domande sugli interventi

13.00 – 14.30: PAUSA PRANZO

Pomeriggio:

14.30 – 15.15: Saluti della Direttrice C.I.S.S.P.A.T. Dott.ssa Marilla Malugani

15.15 – 16.15: (on-line) Prof. Renato Boccali (I.U.L.M. di Milano):Bachelard e Desoille: quando le immagini curano

16.15 – 17.15: Dott. Alfredo D’Ilario:Lavorare in psicoterapia con le immagini

17.15 – 17.30: coffe break

17.30 – 18.00: Dott. Alessandro Vegliach (C.I.S.S.P.A.T.):Noi soffriamo per i sogni, noi guariamo con i sogni

18.00 – 18.30: Nevio Del Longo (C.I.S.S.P.A.T.): Immaginazione e sogni in psicoterapia.

18.30 – 19.15: Domande sugli interventi e conclusioni.

COSTO relativo all’intera giornata di Formazione

  • Allievi attualmente frequentanti il Quadriennio di Specializzazione in Psicoterapia – GRATUITO

  • Ex Allievi CISSPAT (Corso Quadriennale, ISTDP Core Training Basic e Advanced, Training Autogeno, Luscher Test, Master Sport, etc) – GRATUITO

  • Esterni purchè psicoterapeuti – GRATUITO

Sede Corso

C.I.S.S.P.A.T – Piazza De Gasperi 41,   35131  PADOVA

ONLINE – tramite piattaforma ZOOM

Attestati

  • Attestato di partecipazione al Convegno Nazionale C.I.S.S.P.A.T.

N.B. Il Workshop è a numero chiuso.
Vengono accettate iscrizioni in ordine di arrivo fino a totale esaurimento dei posti.

Per informazioni la Segreteria è a vostra disposizione ai seguenti recapiti:

Telefono 049-650861                           Mail info@cisspat.edu

]]>
Mindfulness, Mental Toughness e Gestione del dolore – Webinar con la ricercatrice Dott.ssa Kayla Sliz https://www.cisspat.edu/mindfulness-mental-toughness-e-gestione-del-dolore-webinar-con-la-ricercatrice-dott-ssa-kayla-sliz/ Sat, 23 Oct 2021 11:46:59 +0000 https://www.cisspat.edu/?p=13177 Nuovo appuntamento con la ricerca e l’informazione per la Community di Psicologi dello Sport | ITALIA.

Mercoledì 27 ottobre dalle 16:30 alle alle 18:30, andremo “in onda” sui nostri canali social con un nuovo webinar, a tema “Mindfulness, Mental Toughness e Gestione del dolore”. Avremo come ospite la Dott.ssa Kayla Sliz, ricercatrice presso la Boston University. A moderare l’incontro il nostro CEO Alessandro Bargnani e il Dott. Adriano Grazioli.

Nel 2020 la Dott.ssa Sliz ha ottenuto la laurea magistrale in Psicologia all’Università del New Hampshire. La Psicologia dello Sport rappresenta l’ambito di maggior interesse per la nostra ospite, che la rende una risorsa importante per il futuro della ricerca in questo campo. Recentissima la partecipazione della Dott.ssa Sliz in occasione della 36esima conferenza annuale dell’Association for Applied Sport Psychology (AASP), in cui ha avuto la possibilità di presentare una ricerca condotta con la Dott.ssa Karen Collins, volta ad indagare il ruolo della leadership femminile negli sport collegiali, e alla costruzione di un modello mirato al suo sviluppo in questi contesti.

Come già anticipato il webinar verterà soprattutto sui costrutti della Midfulness, della Mental Toughness e del controllo del dolore.

Parlare di Mindfulness significa pensare a come focalizzarsi sul momento presente e in modo non giudicante. Parlare di Mindfulness collegandosi al mondo dello Sport, significa invece comprendere al meglio i momenti di difficoltà dentro la gara, riuscire a diminuire i livelli di ansia e stress e implementare al meglio le proprie strategie di coping. Inoltre investire sulla Mindfulness è essenziale nell’esercitare al meglio una perfetta gestione del dolore e della fatica, due costrutti presenti all’interno della quasi totalità degli sport, e sui quali la Dott.ssa Sliz ha investito parte della sua ricerca.

Un atleta che adotta tecniche di Mindfulness si trova a sviluppare intrinsecamente una personale Mental Toughness, o durezza mentale. Con Mental Toughness intendiamo la capacità di ottenere costantemente buone performance (cognitive e motorie) nonostante le richieste elevate, le pressioni e lo stress derivanti dalla pratica sportiva e non, che l’atleta deve imparare a gestire per raggiungere prestazioni efficaci. Un atleta con una buona durezza mentale sa regolare al meglio il suo stato di attivazione o arousal, si sentirà più concentrato, avrà un miglior senso di benessere e di autoefficacia e si sentirà più motivato e focalizzato sull’obiettivo.

L’evento vedrà inoltre una parte finale di tipo pratico-esperienziale che coinvolgerà tutti i partecipanti.

Il webinar sarà riservato esclusivamente ai membri della nostra Community, la più grande in Italia. Iscriviti qui, per non perderti tutti i nostri webinar e le nostre numerose attività formative.

Programma:

Mindfulness, Mental toughness & pain control in sports Kayla Sliz bargnani grazioli (1)

link per il webinar:

Entra nella riunione in Zoom
https://us02web.zoom.us/j/86419683985?pwd=WU0xUm9kZm5JN0dLNTllQlpuc1Fvdz09

ID riunione: 864 1968 3985

Link Webnar mindfulnesss Health human performance institute

]]>
OPEN DAY SCUOLA DI PSICOTERAPIA DINAMICA BREVE Mercoledì 27 Ottobre 2021 ore 16:00 https://www.cisspat.edu/open-day-2021-cisspat-psicoterapia-dinamica-breve-27-ottobre-2021/ Sat, 11 Sep 2021 11:13:45 +0000 https://www.cisspat.edu/copia-di-open-day-scuola-di-psicoterapia-dinamica-breve-mercoledi-22-settembre-2021-ore-1600/ Cisspat centro Italiano studio svilupp psicoterapia breve dinamica integrata italia
Programma corso

 MERCOLEDI’ 27 Ottobre 2021 alle ore 16:00

La presentazione del corso quadriennale in Psicoterapia Dinamica Breve CISSPAT è confermata e verrà svolta in modalità DUALE (sia in presenza in aula presso la Sede C.I.S.S.P.A.T. in Piazza De Gasperi, 41 a Padova, sia in aula virtuale in diretta online tramite piattaforma zoom). E’ opportuno che venga fornita conferma della partecipazione, compilando il form di registrazione. Coloro che avranno confermato la propria partecipazione, potranno accedere in aula (numero chiuso e limitato) e riceveranno il link per poter partecipare alla presentazione online.

La partecipazione è gratuita, previa prenotazione; la presentazione è a numero chiuso e le richieste verranno accolte in ordine di ricezione.

Per avere maggiori informazioni sulla Scuola Quadriennale di Psicoterapia Dinamica Breve, clicca qui.

Per ulteriore informazioni o richieste, contattare la Segreteria al recapito telefonico 049 650 861 o al recapito email info@cisspat.edu

Ulivo Pianta Naturale Chill Generale Banner SoundCloud

]]>
LINEE GUIDA PER L’ACCESSO ALL’ISTITUTO CISSPAT – GREEN PASS E ALTRE INFORMAZIONI https://www.cisspat.edu/linee-guida-accesso-strutture-covid19-green-pass/ Wed, 25 Aug 2021 11:13:45 +0000 https://www.cisspat.edu/copia-di-open-day-scuola-di-psicoterapia-dinamica-breve-mercoledi-23-giugno-2021-ore-1600/ SUPER STRENGTH

MERCOLEDI’ 25 Agosto 2021 

INFORMAZIONI GENERALI 

Il decreto-legge 105/2021 “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche”, che proroga lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2021, dà anche indicazioni importanti per l’adozione della certificazione verde “Green Pass” nella regolamentazione degli accessi alle attività di alta formazione riconosciute. Il CISSPAT predispone pertanto la ripresa delle attività didattiche nel rispetto delle indicazioni delle autorità sanitarie ed in linea con le indicazioni ministeriali. Suddette regole rimarranno in vigore fino a quando perdureranno misure restrittive legate all’emergenza sanitaria e potranno subire modifiche qualora l’evoluzione delle condizioni epidemiologiche lo richiedesse, nel rispetto delle prescrizioni fornite a livello nazionale e/o locale dalle autorità competenti. Le lezioni saranno erogate principalmente con una modalità didattica mista che possa essere fruita principalmente in aula, ma anche online a distanza. Le attività prettamente pratico-esperienziali e le esercitazioni ove e quando possibile verranno svolte in presenza, nel completo rispetto delle misure di sicurezza e nella tutela sia di allievi/e che del gruppo classe.

ALLIEVI/E E DOCENTI 

Per quanto riguarda i servizi e le attività erogate dal CISSPAT, dunque, si segnala che è consentito l’ingresso, esclusivamente alle persone munite di certificazione verde, nonché alle persone che abbiano effettuato un tampone con esito negativo nelle 48 ore precedenti, oltre alle persone che, in ragione dell’età, non rientrano nella campagna vaccinale, e quelle per le quali un’idonea attestazione medica accerti e attesti l’incompatibilità della vaccinazione con il proprio stato di salute. L’accesso ai locali della struttura deve avvenire OBBLIGATORIAMENTE con uno di questi certificati stampato in formato cartaceo, lasciandolo al momento dell’ingresso in aula al Docente di riferimento che si occuperà di verificarlo per quanto possibile.

Si specifica che l’accesso alla struttura senza la necessaria documentazione si configura come un grave reato che mette a rischio la salute di tutti. Per tale reato è prevista una sanzione pecuniaria da 400 a 1000 euro. Questo sul versante amministrativo, e salvo che il fatto costituisca reato, cioè che la condotta posta in essere dal soggetto non abbia anche una rilevanza penale.

L’accesso alle strutture deve pertanto avvenire sempre e comunque indossando la mascherina monouso e depositando in formato cartaceo la certificazione verde “Green Pass” al docente di riferimento nel giorno di accesso alla struttura per lo svolgimento delle rispettive lezioni. La mascherina deve essere indossata e correttamente utilizzata per tutto il tempo di permanenza nella struttura (anche negli spazi comuni interni alla struttura e al palazzo) sia da allievi/e che dai docenti. Nelle fasi di ingresso e uscita dalle aule e dalla struttura, nonchè durante le attività didattiche, ogni persona deve evitare qualsiasi forma di assembramento, oltre a igienizzarsi frequentemente le mani attraverso le diverse postazioni predisposte all’interno dei locali. E’ possibile occupare solo le sedute che sono state predisposte, senza spostarle, in quanto calcolate già in numero sufficiente per permettere a ciascuna persona di prendere posto e svolgere l’attività didattica in sicurezza. Le singole postazioni sono già state predisposte seguendo la normativa in vigore, per la quale deve essere rispettato il distanziamento di almeno 1 metro, con un margine della misura di +/- 10%. Di conseguenza i baricentri delle postazioni abilitate alla seduta non possono essere posizionati ad una distanza inferiore ai 90 cm. Studenti e studentesse devono occupare sempre lo stesso posto nel corso della giornata di lezioni, al fine di limitare al massimo eventuali contatti.

DOCENTI

I docenti sono sempre abilitati all’utilizzo dei dispositivi e delle attrezzature comuni messe a disposizione dal CISSPAT a corredo della postazione didattica, ma dovranno provvedere alla loro igienizzazione al termine dell’uso, adoperando i prodotti messi a disposizione. Il controllo del rispetto delle norme e delle misure previste è affidato al docente titolare della lezione e dell’insegnamento, in un’ottica di “corresponsabilità”, per il quale ciascuno studente/studentessa che accede agli spazi della struttura si impegna a rispettare “Le 5 regole per il rientro in aula in sicurezza” di seguito riportate. Qualora un docente rilevasse comportamenti non conformi alle misure indicate, è tenuto a richiamare alla adozione di suddette regole e, qualora il richiamo non venisse accolto, a far allontanare l’allievo/a dall’aula.

Qualora durante una lezione si presentasse un caso con sintomatologia sospetta, il docente farà allontanare la persona dall’aula, affinché possa ritornare al proprio domicilio al più presto, con l’invito a prendere contatto con il proprio medico di base e ad adottare nel frattempo le misure/disposizioni previste dall’Autorità Sanitaria.

Inoltre si suggerisce al docente di adottare le seguenti indicazioni:

  • in fase di ingresso/uscita dalle aule, raccomandare a studenti/esse di affluire e defluire ordinatamente, partendo dalle postazioni più vicine alla porta di accesso, chiedendo agli altri/e di rimanere seduti fino al momento del loro turno, al fine di evitare troppi movimenti che potrebbero finire per creare assembramenti.
  • ripetere le stesse procedure anche durante le pause (se previste), richiamando l’attenzione sulla necessità che ogni studente/essa si sieda nel medesimo posto precedentemente occupato.

 

LE 5 REGOLE PER IL RIENTRO IN AULA IN SICUREZZA 

 

1 – Chiunque presenti febbre oltre 37,5 °C, tosse, difficoltà respiratorie o altri sintomi NON dovrà venire in aula e dovrà rimanere presso il proprio domicilio, contattando il proprio medico.

2 – E’ vietato l’accesso a coloro i quali abbiano avuto contatti nei 14 giorni precedenti con soggetti risultati positivi al virus SARS-CoV-2.

3 – Vanno sempre rispettate tutte le norme di legge e le disposizioni di precauzione e prevenzione individuale e collettiva dettate dalle autorità e predisposte dal CISSPAT
(es. indossare sempre la mascherina a protezione di naso e bocca quando si sta nella struttura)

4 – In aula è necessario sedersi solo nelle sedute che sono state predisposte, evitando assembramenti e mantenendo sempre (anche nei momenti di pausa)il distanziamento interpersonale.

5 – E’ importante lavare e igienizzare frequentemente le mani utilizzando gli appositi dispenser con soluzioni igienizzanti predisposte sia in aula che negli spazi comuni o di passaggio, evitando di toccarsi il viso e la mascherina.

 

Per ulteriore informazioni o richieste, contattare la Segreteria al recapito telefonico 049 650 861 o al recapito email info@cisspat.edu

]]>
OPEN DAY SCUOLA DI PSICOTERAPIA DINAMICA BREVE – Mercoledì 22 Settembre 2021 ore 16:00 https://www.cisspat.edu/open-day-2021-cisspat-psicoterapia-dinamica-breve-22-settembre-2021/ Wed, 11 Aug 2021 11:13:45 +0000 https://www.cisspat.edu/copia-di-open-day-scuola-di-psicoterapia-dinamica-breve-mercoledi-23-giugno-2021-ore-1600/ Cisspat centro Italiano studio svilupp psicoterapia breve dinamica integrata italia
Programma corso

 MERCOLEDI’ 22 Ottobre 2021 alle ore 16:00

La presentazione del corso quadriennale in Psicoterapia Dinamica Breve CISSPAT è confermata e verrà svolta in modalità DUALE (sia in presenza in aula presso la Sede C.I.S.S.P.A.T. in Piazza De Gasperi, 41 a Padova, sia in aula virtuale in diretta online tramite piattaforma zoom). E’ opportuno che venga fornita conferma della partecipazione, compilando il form di registrazione. Coloro che avranno confermato la propria partecipazione, potranno accedere in aula (numero chiuso e limitato) e riceveranno il link per poter partecipare alla presentazione online.

La partecipazione è gratuita, previa prenotazione; la presentazione è a numero chiuso e le richieste verranno accolte in ordine di ricezione.

Per avere maggiori informazioni sulla Scuola Quadriennale di Psicoterapia Dinamica Breve, clicca qui.

Per ulteriore informazioni o richieste, contattare la Segreteria al recapito telefonico 049 650 861 o al recapito email info@cisspat.edu

Ulivo Pianta Naturale Chill Generale Banner SoundCloud

]]>